Oblate di NazarethOblate di Nazareth http://fammarinelli.synology.me/oblate Istituto religioso Mon, 27 May 2019 16:05:28 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.2.4 Fondazione Istituto Oblate di Nazareth http://fammarinelli.synology.me/oblate/fondazione-istituto-oblate-di-nazareth/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/fondazione-istituto-oblate-di-nazareth/#comments Mon, 27 May 2019 15:20:12 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=15165 FONDAZIONE  ISTITUTO OBLATE DI NAZARETH

60° Anno Giubilare  – 8 dicembre 2016 – 8 dicembre 2017

NAZARETH: IL SEME CHE CONTIENE LA VITA

da “L’umile quotidianità il carisma delle Oblate di Nazareth”

(S.E. Francesco Gioia)

“Spes messis in semine”, la speranza della mietitura è nel seme! La semente, che il contadino affida alla terra e all’avvicendarsi delle stagioni contiene le sue speranze. Per questo, quando spuntano i germogli, il contadino li difende dall’invadenza di erbacce e insetti, invoca la pioggia e il sole necessari nella giusta misura e nei giusti tempi. Per questo, egli osserva il cielo, se si oscura minacciando grandine o se rimane a lungo terso, promettendo siccità. Per questo, alle cure unisce la preghiera.

Così era quando era l’uomo con le sue mani – e non una macchina – a coltivare la terra. E così era quando Mons. Alberico Semeraro, nel 1947, venne nominato Vescovo di Oria, comune ancora agricolo e laborioso. Egli fece incidere sotto il suo stemma, su cui campeggiano tre belle spighe, il motto del seme quale custode delle speranze, con chiaro riferimento al suo cognome. E già dopo pochi anni di attività pastorale egli volle affidare al terreno della sua diocesi un seme, dando vita a un Istituto religioso per arricchire la comunità diocesana di un carisma.

Egli nutriva la speranza che questo seme potesse germogliare e diventare abbondante raccolto per la Chiesa di Oria.

S.E. Mons. Alberico Semeraro: fondatore dell’Istituto Religioso Oblate di Nazareth

(dalla relazione 7.12.2017 di P. Tarcisio Foccoli imc)

[…] L’uomo di Dio mons. Alberico Semeraro – sono certo – ha dovuto percorrere una esperienza di preghiera, di ascolto e di piena disponibilità alla volontà di Dio per aver avuto l’illuminazione e il coraggio di dar vita all’Istituto Religioso delle Oblate di Nazareth, ciò che Dio stesso gli aveva manifestato.

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Mons. Alberico Semeraro nacque a Martina Franca, in provincia di Taranto, il 19 gennaio del 1903 dall’architetto Carmelo Semeraro e dalla N.D. Isabella Motolese. Dopo le scuole primarie frequentò il seminario Romano maggiore al Laterano per prepararsi al sacerdozio, conseguendo la laurea in filosofia e teologia e la licenza in Diritto Canonico, distinguendosi per intelligenza e profitto.

Fu ordinato sacerdote l’11 Aprile 1925, e come sacerdote lavorò a Taranto nel Seminario Vescovile e nella Chiesa del Carmine elevata con lui a parrocchia. Il 1° maggio 1947 fu nominato Vescovo di Oria, e il 30 giugno ricevette la Consacrazione Episcopale da S.E. Mons. Ferdinando Bernardi nella cattedrale di Taranto, iniziando il Ministero Episcopale il 30 Agosto dello stesso anno.

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Per lo stemma episcopale, prese ispirazione dall’attestato di Laurea del suo trisavolo Raffaele Semeraro,   scegliendo il motto “Spes messis in semine” (dal latino, la speranza della messe sta nel seme). Iniziò sin da subito un intenso lavoro di apostolato e di formazione, continuando le sue attività culturali e formative nei convegni e nelle settimane sociali da lui presiedute e dirette con la partecipazione di personaggi illustri.

Nel 1957 Pio XII lo insignì della dignità di Assistente al Soglio Pontificio; prese parte al Concilio Ecumenico Vaticano II e fondò l’Istituto delle Oblate di Nazareth. Il 29 agosto 1967, gli venne conferita la cittadinanza onoraria della città di Oria in segno di gratitudine per le insigni opere realizzate. Il 19 marzo 1978, festa di San Giuseppe, in lieta obbedienza, lasciò il governo pastorale della Diocesi di Oria per raggiunti limiti di età, dedicandosi poi con sempre più vigoroso fervore alle sue “figlie novizie” e assicurando loro una adeguata formazione e impegnandosi nella stesura delle necessarie costituzioni. Il 24 maggio 2000, anno del grande Giubileo, passa alla Casa del Padre. Riposa nella Cappella delle Oblatedi Nazareth, a Villa Betania, Lanzo di Martina Franca.

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Per le Oblate di Nazareth, le strade del mondo sono molteplici, e con la protezione e la parola sempre viva del Fondatore, Mons. Alberico Semeraro, porteranno la gioia e un grande sorriso a tutti i fratelli e sorelle che incontreranno nel futuro che Dio vorrà donare loro.

FRAMMENTI DI MEMORIE

Sr. Amelia Andriani, tra le prime Oblate di Nazareth, racconta:

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“Era una vera famiglia, la nostra.  Il Fondatore era una santa persona, sapeva come guidarci, e all’occorrenza ci rimproverava anche. Ci ha insegnato così tante cose… Quando eravamo a Campomarino, ci occupavamo di oltre trecento bambini, bisognosi di ogni cosa. Noi eravamo giovani e piene di entusiasmo, ma è stato faticoso comunque; si lavorava molto. Io lavoravo in cucina, e quando arrivava il Fondatore – accadeva spesso – i bambini gli correvano incontro e gli battevano le mani; allora, mi affacciavo dalla finestra della cucina, e insieme a tutte le altre consorelle, partecipavo alla loro gioia. Il Fondatore ascoltava le poesie che i bambini avevano imparato, e dopo aver messo a letto i piccoli, si fermava nella nostra ricreazione e ci raccontava tutto, e quanto ci teneva! Non potrò mai dimenticare quei momenti.”

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I PASSI PIÙ IMPORTANTI DI QUESTI SESSANT’ANNI

di Addolorata De Padova, Madre Generale 

1) L’8 dicembre 1953, Mons. Alberico Semeraro fonda a Oria, dove era vescovo diocesano, l’Istituto religioso delle Oblate di Nazareth.

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Le sette suore ammesse alla alla Professione temporanea presso il Santuario di San Cosimo il 2 luglio 1956.

2) Sr. Amelia Andriani, Sr. Addolorata Prete, Sr. Filomena Gallo, Sr. Rosina Angolano, Sr. Cosima Guida, Sr. Cosimina Tomaselli, Sr. Donata Tomaselli e Sr. Maria Massari furono le prime candidate, che emisero la prima professione il 2 luglio 1956. Il Fondatore seguì personalmente la formazione delle Oblate, coadiuvato dal barbanita P. Brancati e da Sr. Agostina Bolzani, delle Suore Angeliche.

3) Il Fondatore scelse come responsabile e coadiutrice Sr. Filomena Gallo, che nominò Superiora Generale nel 1971, carica che ha mantenuto fino al 2006.

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4) Le prime Oblate svolgevano un umile servizio nella diocesi, per i seminaristi, e nella colonia diocesana di Campomarino, in provincia di Taranto, facendosi carico dell’animazione e dei servizi ai bambini bisognosi, segnalati dalle varie parrocchie. Oltre a ciò, le Oblate servivano presso il Santuario dei SS. Cosimo e Damiano a Oria.

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5) Nel 1956, Mons. Alberico Semeraro approvò le prime Costituzioni, alle quali seguirono quelle del 1972. L’Istituto è stato dichiarato di Diritto Pontificio il 5 gennaio del 1984 con Decreto n. 0.27-1/84.

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Le attuali Costituzioni sono state approvate con Decreto del 7 ottobre 1987 (Prot.n.0.27-1787). Per le pratiche di passaggio da Istituto Diocesano a Istituto Pontificio e per la redazione delle ultime Costituzioni, il Fondatore chiese la collaborazione di Padre Francesco Gioia, cappuccino, che all’epoca era ufficiale responsabile della Congregazione degli Istituti di Vita Consacrata e Società Apostoliche.

6) L’Istituto ha mosso i suoi primi passi in Puglia, ma oggi  è un Istituto internazionale con la ricchezza e i problemi che questa comporta. Questo è l’elenco attuale delle nostre Case:

  • Villa Betania (Casa Madre) a Martina Franca (Taranto – Italia) aperta il 3 ottobre 1964;
Villa Betania.

Villa Betania.

  • Maria SS.ma della Divina Provvidenza, a Francavilla Fontana (Brindisi – Italia) aperta l’11 ottobre 1965;
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Casa Maria della Divina Provvidenza a Francavilla Fontana.

  • Sacro Cuore (Casa Generalizia) ad Alberobello (Bari – Italia) aperta il 24 settembre 1968;
Casa Sacro Cuore ad Alberobello - Sede Generalizia - Scuola d’infanzia - Pensionato per anziane.

Casa Sacro Cuore ad Alberobello – Sede Generalizia – Scuola d’infanzia – Pensionato per anziane.

  • Madre della Divina Grazia, a Ponte Galeria (Roma) aperta il 24 settembre 1974;

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  • São José, a Petropolis (Rio de Janeiro – Brasile) aperta l’1 maggio 1989;

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  • Nazareth School, a Kaduna (nello stato omonimo – Nigeria) aperta il 21 agosto 1999;

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  • Maria Immacolata, a Roma, aperta l’8 febbraio 2003;

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  • Maria di Nazareth, a Ranchi (Jharkhand – India) aperta il 7 ottobre 2003;
  • Santa Famiglia, a Viçosa (Minas Gerais – Brasile) aperta il 29 luglio 2007;

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  • Sant’Alberico, a Ranchi, aperta il 28 dicembre 2008;

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  • Villa Betania, ad Abuja, (capitale dell’omonimo stato federale – Nigeria) aperta il 27 novembre 2014.

7) Dal 1980 al 2012 sono stati celebrati sei Capitoli Generali, più uno speciale; nel luglio 2018 si terrà l’ottavo capitolo generale.

8) La formazione iniziale prevede tre fasi: Probandato, Noviziato e Juniorato; la formazione permanente di tutte le Oblate; la pastorale vocazionale, costituiscono la sfida tra le più importanti e difficili. Un passo importante per la formazione delle nuove Oblate è stata l’istituzione, nella Casa Madre di Martina Franca, del Noviziato Internazionale, autorizzata dalla Santa Sede con lettera del 10 febbraio 2015.

9) L’8 settembre 2016, in occasione della festa della Natività di Maria Santissima, sono state poste in opera la casa di formazione e della scuola per l’infanzia a Khunti, in India, benedetta dal Vescovo Diocesano di Khunti Mons. Binay Kandulna.

Varie sono state le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare e che, con l’aiuto di Dio, abbiamo superato; resta l’abbandono di alcune consorelle.

Con la circolare del 25 settembre 2016, nel presentare le linee di massima del programma per il 60° anniversario della Fondazione dell’Istituto, il Consiglio Generale nutre la speranza di un rinnovamento spirituale per tutte le Oblate di Nazareth; e propone una preghiera composta dal Fondatore “Elevazione a Maria”, oltre agli uffici quotidiani; e chiede che sia invitato mensilmente un esperto sulla vita religiosa per aiutarci ad approfondire la nostra vita di consacrazione in Comunità.

Inoltre, il Consiglio Generale ha preso in considerazione il primo corso di formazione – auspicandone altri in futuro – a Nazareth e in altri luoghi della Terra di Gesù. A questo primo corso verrà data la priorità di partecipazione alle prime Oblate di ogni nazione in cui l’Ordine è presente (Italia, Brasile, India, Nigeria, Filippine). Ciascuno può suggerire e proporre altre iniziative che siano espressioni di gioia, di condivisione fraterna come il “gemellaggio spirituale”.

Nel giorno della Santa Famiglia di Nazareth, un busto del Fondatore è stato collocato nella “Casa Betania” di Martina Franca.
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Giorno 8 dicembre 2016, solennità dell’Immacolata Concezione, con animo pieno di gioia e giustificata commozione, la Madre generale ha dichiarato aperta la celebrazione del 60° anniversario della fondazione dell’Istituto delle Oblate di Nazareth, dando così inizio all’anno Giubilare. Ringraziando il Signore per la vocazione, che si esprime nel vivere la spiritualità nell’umile quotidianità delle piccole cose, sull’esempio della Famiglia di Nazareth, ha fatto memoria di S. Ecc. Mons. Semeraro, e ha ringraziato Madre Filomena Gallo e tutti coloro che si sono prodigati e si prodigheranno per il buon esito di questo anno straordinario, sotto la protezione della Vergine Immacolata.

Giorno 5 abbiamo accolto nella casa di Martina Franca le suore provenienti dalle diverse parti d’Italia, e Sua Ecc. Mons. Francesco Gioia ha reso la nostra comunità una vera fraternità gioiosa per tutta la durata del loro soggiorno.

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È stata una occasione importante, perché abbiamo vissuto una comunione di intenti anche con le nostre suore delle case dell’estero, con le quali abbiamo scambi di esperienze attraverso la narrazione per via telefonica dei nostri vissuti; abbiamo percepito la freschezza delle origini, insieme alle loro speranze e ai loro sogni; Madre Filomena Gallo ha condiviso con noi ricordi commoventi; Mons. Gioia ha poi guidato momenti di preghiera, di ascolto, di riflessione, di convivialità, e di commozione mentre si rendeva tutti insieme omaggio alle spoglie del Fondatore.

La lode a Dio nella celebrazione Eucaristica è stata elevata con canti e danze delle suore provenienti dall’India, dal Brasile, dalla Nigeria e dall’Italia, assumendo piacevoli tonalità cromatiche in uno spirito di entusiasmante internazionalità che ci univa nella condivisione della fede nel nostro unico DIO. Le giornate si sono concluse in allegria, nella soddisfazione di tutti, suore e amici.

“…Dio guida la nostra storia secondo il suo piano provvidenziale. Il rinnovamento auspicato non consiste tanto nella fuga in avanti, ma nel ritorno alla freschezza delle origini che alimenta la profezia del nostro carisma specie nel servizio silenzioso ai più bisognosi conforme allo stile di vita della Santa Famiglia di Nazareth.”

(Madre Generale Addolorata De Padova 2 gennaio 2017).

Giorno 17 gennaio 2017, alle ore 12,45, madre Filomena Gallo è ritornata alla casa del Padre lasciando un grande vuoto nell’Istituto delle Oblate di Nazareth. La Madre Generale Addolorata De Padova ricorda i punti più importanti della sua vicenda terrena:

Nata a Fragagnano (Taranto) in una agiata famiglia di otto figli, di cui sette ragazze, si trovò a guidare ben presto i suoi fratelli, dimostrando già allora capacità organizzative. Istruita da un precettore per le classi elementari, frequentò in seguito il collegio delle Salesiane del suo paese.

Madre Filomena fu la prima a rispondere all’appello di don Celestino Semeraro, fratello del nostro Fondatore e parroco della sua parrocchia, che cercava disponibilità per realizzare il progetto del vescovo di Oria suo fratello, ossia la fondazione di un Istituto Religioso per le varie necessità pastorali della diocesi, tra le quali la cura del seminario diocesano e del santuario dei Santi Cosima e Damiano e delle colonie permanenti estive a Campomarino.

Cominciò così il suo cammino assieme ad altre otto aspiranti, non senza difficoltà, data la volontà dei genitori, che all’inizio erano per nulla favorevoli, ma lei, decisa e combattiva, fece i suoi primi passi nell’Istituto che Mons. Semeraro aveva ispirato al carisma della Santa Famiglia di Nazareth: umiltà, sacrificio, generosità, entusiasmo e gioia.

Fin dall’inizio, il Fondatore affidò la guida dell’Istituto a Suor Filomena per il suo carattere intraprendente, per il suo entusiasmo, per la sua gioiosa convinzione di appartenere alle Oblate di Nazareth, al punto che, a volte, egli stesso aveva difficoltà a dominare il suo temperamento energico e deciso.  Fu eletta ufficialmente Madre generale durante il primo Capitolo Generale del 1980, confermando tale carica in tutti i capitoli successivi fino al 2006; poi, fino al 2012, è stata vicaria generale.

La sua vita ha coinciso con ben 57 anni del nostro Istituto. Ha trascorso gli ultimi anni  nella Casa di Martina Franca, dove la consultavo per questioni di governo; mi elargiva consigli, parole di esortazione. È stata un punto di riferimento.

Sotto il suo generalato, l’Istituto divenne di diritto Pontificio (1 maggio 1984); la Santa Sede ha approvato le nuove Costituzioni (7 ottobre 1987); tutte le attuali Case dell’Istituto, su preciso desiderio del Fondatore, sono state aperte da Lei, dimostrando grande coraggio e tenacia nel superare varie difficoltà soprattutto, quando l’Istituto ha acquistato dimensioni internazionali con l’apertura di Case in Brasile, in Nigeria e in India.

Madre Filomena si preoccupò di far conseguire a molte Consorelle il diploma necessario per poter svolgere il loro apostolato nella scuola dell’Infanzia e nella scuola elementare e organizzò per tutto l’Istituto diversi corsi di aggiornamento. In una circolare del 2 luglio 1971 scriveva:

“Vorrei dirvi una cosa che leggo e sento ripetere spesso: ‘Aggiornamento, aggiorniamoci’. Vorrei farvi notare che aggiornarsi vuol dire che la crescente dissipazione del mondo richiede altrettanto    impegno nella fedeltà alla nostra vocazione, e quindi una più profonda conversione del nostro cuore. L’aggiornamento per noi religiose è sinonimo di perfezionamento e di progresso nella santità. E noi dobbiamo intenderlo così.

 In diverse circolari, esprimeva il pensiero di Sua Eccellenza, richiamando alla mente e al cuore il modello di Maria quale donazione di sé e del servire umile, nel modello dell’unione della Santa Famiglia. L’insistenza alla preghiera per “noi piccole oblate di Nazareth, che occupiamo il posto più umile in questa epoca così turbinosa del mondo e della Chiesa” era suo continuo richiamo.

Il 2 luglio del 1969 scriveva:

“Lo spirito di preghiera deve essere come l’aria che respiriamo, che non consiste nella preghiera vocale che facciamo più o meno bene, ma è fare del lavoro, della stanchezza, delle inevitabili difficoltà e sacrifici dell’intera giornata, una offerta continua ed amorosa con Cristo presente in noi e negli altri, con molta serenità fiduciose del Suo Amore”. Nello stesso anno scrive: “Per spirito di preghiera non si intende solamente stare in cappella con il libro e la corona in mano, ma vivere la propria giornata di lavoro in unione a Cristo vivente e operante in noi e quindi in silenzio e raccoglimento”. Nelle sue esortazioni era molto diretta e concreta.”

Aveva un’indole schietta e incisiva quando descriveva la vita dell’Istituto, come emerge nella circolare della quaresima del 1984, in cui ammetteva che, per grazia di Dio, nella nostra famiglia c’è spirito di sacrificio, impegno nel lavoro, amore per la pulizia e per l’ordine degli ambienti, ma enumerava senz’altro una serie di difetti che ledono alla comunione fraterna.

Il 10 giugno 1989 scriveva:

“Mie care suore, un proverbio dice che “l’ottimo è nemico del bene”. Non stiamo a perdere tempo a progettare quello che potremmo fare domani, se ci trovassimo in posti o con persone diverse; facciamo il bene oggi e facciamolo bene; santifichiamo il momento presente, facciamo fruttificare i nostri talenti oggi; lasciamo stare il domani, perché il domani non sappiamo se lo raggiungeremo.”

Così, con questi messaggi sempre di grande attualità, vogliamo conservare il ricordo di Madre Filomena Gallo, prima collaboratrice del nostro Fondatore e prima Superiora generale, esprimendo tutte insieme la nostra gratitudine attraverso la preghiera e la messa in pratica dei suoi insegnamenti. Da buona religiosa, ha espresso per iscritto (25 marzo 2002) il desiderio di essere sepolta nella Cappella dell’Istituto di Francavilla Fontana per sentirsi sempre in comunione con le consorelle vive e defunte.

(Circolare del 18 Gennaio 2017)

Carissime Consorelle,

In questa circolare del 7 dicembre 2017, la Madre Generale traccia una sintesi delle tappe più significative dell’anno giubilare, ricorrenza che ha segnato un approfondimento del nostro carisma basato sulla spiritualità della Santa Famiglia di Nazareth. Con l’aiuto di Dio, le iniziative proposte nella circolare del 19 marzo 2017 sono state portate a termine.

Pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto

Nei giorni 11 – 16 luglio un primo gruppo di cinquantaquattro Oblate ha potuto fare gli Esercizi Spirituali predicati da Mons. Francesco Gioia. Il pensiero del nostro Fondatore si ispirò fin dagli inizi all’umile famiglia di Nazareth, a cui volle collegare e affidare la nascente famiglia religiosa (art. 12 delle nostre Costituzioni) ed esortava ad “assimilare, come meglio è possibile, lo spirito che animava la Santa Famiglia di Nazareth”.

Il momento più bello è stato quello della Professione Temporanea per diciotto Novizie, e Perpetua per sei Juniores (tre nigeriane e tre indiane). Al ritorno, il gruppo si è fermato a Lanciano nella chiesa di S. Francesco, dove è avvenuto il Miracolo Eucaristico.

Dal 21 al 26 agosto, un secondo gruppo di quindici Oblate, accompagnate dalla superiora Sr. Immacolata Carrozzo, si è recato a Loreto per gli Esercizi Spirituali predicati da Padre Nicola Gildi, nel corso dei quali è stato dedicato un giorno alla spiritualità di San Francesco, con visita guidata ad Assisi e nei luoghi francescani più cari al Santo. Sulla via del ritorno, come il gruppo precedente, ci si è fermati a Lanciano.

Tutte le Oblate che risiedono in Italia – eccetto le ammalate che ci hanno seguito con lo spirito – hanno avuto la possibilità di pregare nella Casa della Madonna, traendo forza anche da quanto scriveva San Giovanni Paolo II il 15 agosto 1993: “La Santa Casa ricorda anche la grandezza della vocazione alla vita consacrata e alla verginità per il Regno, la quale ebbe qui la più gloriosa inaugurazione nella persona di Maria, Vergine e Madre”.

Pellegrinaggio in Terra Santa

Tra i giorni 5 e 12 settembre 2017, dopo un breve corso di “geografia biblica” tenuto da P. Luigi Orlandi, un gruppo di diciannove Oblate si è recato in Terra Santa; erano parte del gruppo quattro rappresentanti di Brasile, Nigeria, India e Filippine, inviate dal Consiglio generale per sottolineare l’unità dell’Istituto.

Preghiera, emozione, stupore, gratitudine. Queste sono state le compagne inseparabili per tutto il viaggio, ma il momento più intenso per noi è stato vedere le pareti della Casa della Madonna. Mi piace citare le parole pronunziate a Nazareth il 15 gennaio 1964 dal Beato Paolo VI:

“La Casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziato a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Da Lui impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare”. 

Tale iniziativa si è potuto realizzare grazie al sostegno di benefattori, amici di S.E. Mons. Francesco Gioia.

Varie iniziative in Nigeria, India e Brasile.

Le consorelle residenti all’estero si sono unite spiritualmente a tre pellegrinaggi, recandosi in un importante santuario del proprio Paese d’appartenenza. Riportiamo qui alcuni frammenti di relazioni di tali eventi.

 Nigeria

“[…] quando siamo arrivate a Aokpe, nello Stato di Benue, accompagnate da amici del luogo, abbiamo percorso una lunga pista di penitenza in ginocchio, per arrivare sul luogo delle apparizioni della Beata Vergine Maria.

A Enugu, dove c’è il Santuario di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, ci è apparso il sole sopra le nuvole e l’arcobaleno nel cielo. Per noi è stato un grande dono respirare l’aria pulita sulla collina della Madonna del Perpetuo Soccorso. A Onitsha abbiamo pregato sulla tomba del beato Iwene Tansi, e tre sorelle hanno rinnovato i voti.

Abbiamo visitato un monastero benedettino. Abbiamo pregato e cantato canzoni che sembravano librarsi verso il cielo come angeli e in alcuni momenti abbiamo goduto di felicità. È stato un momento molto bello vissuto insieme che resterà nella nostra memoria per tutta la vita. Grazie.”

India

“Noi, suore Oblate di Nazareth di Bariatu e di Lalpur–Ranchi, in India, dopo esserci preparate con la novena alla Madonna del Buon Viaggio, e una giornata di ritiro spirituale, il 25 ottobre 2017 siamo partite dalla stazione di Ranchi per Bandel–Calcutta.

Siamo arrivate al Santuario del Buon Viaggio il 26  e i padri Salesiani ci hanno ospitate. Abbiamo pregato, ascoltato e animato la Messa solenne ringraziando Dio per tutti i benefici; durante l’omelia Padre Kapil Toppo ha spiegato la forza e grandezza della Madonna che intercedette per  ottenere il permesso dall’imperatore (1571c.) di predicare liberamente il Vangelo.

Questo santuario è luogo di preghiera affollato da molti pellegrini e come loro anche noi ringraziamo per averci dato l’occasione di fare un pellegrinaggio dove abbiamo sentito l’amore e la tenerezza della Madonna verso di noi.”

Brasile

“Le Oblate del Brasile a Novembre, si sono recate in pellegrinaggio a Petropolis nel santuario del Buon Gesù, e l’8 dicembre – anche se è stato impossibile riunire tutte le consorelle in una sola casa – si sono unite ugualmente in spirito di preghiera a Viçosa, nel santuario de Nossa Senhora Aparecida”.

Juniorato Internazionale

Un grande frutto del 60° anniversario della fondazione è stata l’istituzione dello Juniorato Internazionale, stabilito all’unanimità dal Consiglio Generale nella riunione del 02 giugno 2017, dopo aver superato alcune difficoltà organizzative.

Fino ad allora le Juniores venivano trasferite in diverse Case dove si dedicavano a piccoli incarichi sotto la direzione di una Maestra, che non poteva dedicarsi completamente a loro avendo già altre attività da svolgere. Lo scopo di tale provvedimento è lo stesso che ci ha indotto a organizzare il noviziato internazionale, ossia assicurare una seria formazione unitaria per tutto l’Istituto.

Vi fanno parte le diciotto neo-Professe. Non avendo una Casa provvista di strutture adeguate dove collocarle tutte insieme, ne abbiamo assegnato nove a Roma, nella Casa “Maria Immacolata”, e nove a Foggia, presso l’ex Convento dei Frati Minori che, con provvidenziale generosità, ci hanno concesso in uso gratuito per cinque anni. Abbiamo lasciato le quattro Juniores a Francavilla Fontana perché possano continuare a frequentare il IV anno nell’Istituto Statale professionale per l’Economia e il Commercio, e le ultime quattro a Ranchi, in India, dove porteranno a termine gli studi intrapresi.

Sono state nominate delegate della Superiora Generale Sr. Raffaella De Stradis a Roma e Sr. Janet Sabo a Foggia, e come maestre delle Juniores Sr. Giuliana Kandulna e Sr. Janet; a Foggia funge da Vicaria e da vice Madre e maestra Sr. Rosita Dungdung. Tutte le Juniores di Roma frequentano un corso d’italiano presso l’università LUMSA. Tre di loro sono iscritte presso l’Università Urbaniana.  Quattro frequentano anche il Pontificio Istituto di musica sacra e due ricevono lezione di sartoria. Le Juniores di Foggia frequentano corsi di Teologia presso l’Istituto di Scienze Religiose della Diocesi e frequentano corsi di italiano, di musica e a giorni cominceranno a frequentare la scuola di O.S.S. e di taglio e cucito.

60° anniversario di Fondazione

La chiusura del 60° anniversario della Fondazione si è tenuta a Martina Franca per la festa dell’Immacolata Concezione. Giorno 6 dicembre sono arrivate a Francavilla Fontana le Oblate da Roma e da Foggia, raggiunte da Mons. Francesco Gioia, che si è unito a noi in comunione fraterna.

Nella mattina del 7 dicembre, tutte le Oblate delle Case Italiane si sono recate in pellegrinaggio al Santuario dei Santi Cosimo e Damiano, e Padre Tarcisio Foccoli ha tenuto una conferenza sul Fondatore e sul Carisma dell’Istituto. È seguita la S. Messa celebrata da Sua Ecc. Mons. Francesco Gioia in suffragio del nostro fondatore e delle nostre Consorelle defunte. Nello stesso momento, venivano celebrate messe analoghe nelle nostre case all’estero. Nel pomeriggio, don Pietro Chirico, nostro benefattore, ha tenuto una conferenza sul tema: “Testimone di un disegno di Dio”, seguito dall’intervento della Madre Generale sul Noviziato e Juniorato Internazionale di Foggia e di Roma. L’Adorazione Eucaristica e la celebrazione dei Vespri hanno concluso la giornata.

La mattina dell’8 dicembre, tutte le Oblate si sono ritrovate a Martina Franca per la rinnovazione dei voti davanti alla tomba del Fondatore e per l’ingresso al noviziato di alcune postulanti. È seguita la Santa Messa presieduta da S. E. Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo Metropolita di Taranto.

Nel pomeriggio, alle ore 15, l’ORA dell’UNITÀ: sono state raggiunte telefonicamente le nostre case in Nigeria (ore 15) in Brasile (ore 12) e in India (ore 19,30). È stato un momento molto bello, commovente, da ripetere: ci siamo sentite una vera e unica famiglia.

Padre Alessandro Mastromatteo, Ministro provinciale dei Frati Minori di Foggia, ci ha offerto una interessante conferenza sugli aspetti della vita consacrata vissuta in comunità. È stato doveroso ringraziarlo anche per averci consentito l’uso gratuito per cinque anni del loro Convento a Foggia.

Il solenne Te Deum presieduto da S.E. Mons. Francesco Gioia alla presenza di amici e benefattori ha concluso le celebrazioni. È seguito un rinfresco e la distribuzione di un “ricordino” a tutti con la gioia nel cuore,  conl’augurio di frutti copiosi che certamente scaturiranno da questa bella circostanza per la crescita dell’Istituto delle Oblate di Nazareth.

Sr. Addolorata De Padova (Superiora Generale)

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Dagli scritti del Fondatore delle Oblate, S.E. Mons. A. Semeraro, Vescovo Emerito di Oria

Tip. Art. Aldo Palombi, Roma 1993

Presentazione di Suor Filomena Gallo

Superiora Generale delle Oblate di Nazareth

Mie care Sorelle,

in prossimità del 90° anno di età del nostro venerando Fondatore mi è caro presentare a voi questo piccolo libro contenete una parte significativa dei molti suoi scritti per presentare il nostro Istituto.

Ritengo questa pubblicazione non solo un doveroso omaggio di filiale gratitudine verso Colui che per oltre trent’anni ha guidato l’Istituto con fede e pieno abbandono alla Celeste Provvidenza, ma anche perché si possa meglio conoscere ed incarnare il genuino spirito di Nazareth come il fondatore ci ha trasmesso.

Chi infatti lo leggerà con amorosa attenzione potrà scoprire qualche aspetto nuovo che forse prima gli era sfuggito e meglio approfondire qualche grande verità che fino ad ora aveva forse appena intravista.

Auguro a chi leggerà questi scritti che, con l’aiuto di Maria, la prima e più perfetta “Oblata”, possiamo tutti ricavarne un gran bene, per migliorare la nostra vita e aiutare quanti il Signore Gesù ci affiderà e ci farà passare accanto.

Alberobello, festa di tutti i Santi – 1992

Suor Filomena Gallo

Superiora Generale

 

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Quarant’anni verso Nazareth http://fammarinelli.synology.me/oblate/quarantanni-verso-nazareth/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/quarantanni-verso-nazareth/#comments Sat, 25 Jul 2015 16:29:56 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=14410 Quarant’anni verso Nazareth

A cura di Dora Ciotta

Tipolitografia Spoletina, Spoleto 1996

Introduzione di Mons. Cosmo Francesco Ruppi

Questo libro che ho l’onore di presentare non è solo la storia di una piccola famiglia religiosa, nata dal cuore di un Vescovo pugliese, e neppure solo la cronistoria quarantennale di un cammino, a volte tortuoso e sofferto, ma sempre generoso e fecondo di una Congregazione, intitolata alla Sacra Famiglia di Nazareth. È qualcosa di più: è la registrazione del cammino di Dio sulle nostre strade, la storia intima di quello che lo Spirito sa fare, avvalendosi dei poveri mezzi dell’uomo e accettando anche condizionamenti, incomprensioni, vicissitudini terrene, a volte polverose e scomposte, ma pur sempre finalizzate alla maggior gloria di Dio.

Sono grato alla M. Generale delle Oblate di Nazareth, la solerte e generosa Suor Filomena Gallo, dell’onore che mi fa, richiedendo di aprire queste pagine con una mia riflessione. È un onore e una gioia, perché di questi quarant’anni, almeno una decina li ho vissuti a latere, condividendo, cioè, col venerato Fondatore, le gioie e i dolori, le tensioni e le speranze. E ancor più, perché incoraggiai e sostenni la nascita dell’opera nel mio paese natio, Alberobello, divenuta poi la Sede Generalizia della Famiglia delle Oblate di Nazareth.

Ricordo con gioia quegli anni ‘70, in cui S.E. Mons. Semeraro tribolava per il riconoscimento pontificio dell’Istituto. Tribolava, camminava e scriveva lettere e memorie … Pregava, soffriva e taceva, invitando tutti al sorriso e alla fiducia, incarnando visibilmente, nella sua grande faccia e nelle mani, appoggiate l’una sull’altra, la fatidica parola: “Madre mia, fiducia mia!”

Il giovane prete era al suo fianco, a lavorare più di penna, che di parola. Era con lui a scrivere e correggere relazioni e memorie, in questo (devo ricordarlo, per debito di lealtà!) sempre sostenuto dal Vescovo di Monopoli-Conversano, quell’uomo buono e santo che è Mons. Antonio D’Erchia, oltre che da quell’altro sant’uomo, che era l’Arciprete don Peppino Contento, grande amico delle Oblate.

Le pagine con le memorie raccolte dalla dott. Ciotta non contengono tutta la storia di questi 40 anni passati. Il più non è stato scritto ed è bene che non sia stato scritto, perché nella vita della Chiesa la maggior parte degli eventi è lasciata al segreto di Dio, che scrive parole dritte su righi storti. Nessuno pensi, però, alle solite vicende terrestri, tutte intrise di contraddizioni, arrivismi, polemiche, avversità, etc.

Nella Chiesa, unico intento è sempre quello della gloria di Dio e del bene delle anime, per cui anche la storia delle Oblate è stata sempre la storia di Dio; e, le sue vicende, sempre sono state le vicende di una famiglia in cui tutti, Vescovi, sacerdoti e fedeli, hanno espresso il meglio di sé, con quella retta intenzione che non si nega a nessuno, almeno nelle autentiche comunità ecclesiali.

Sarei reticente, però, se non ricordassi che anche in questa storia vi sono stati passaggi difficili e delicati, che hanno fatto molto soffrire le Suore e l’amatissimo Fondatore. Mai, però, ho ascoltato una parola di critica, di dissenso, di astio da parte di Mons. Alberico Semeraro!

Mai un giudizio severo e negativo su chicchessia! Mai una sola parola men che riguardosa nei confronti di chi non condivideva le sue ragioni e le sue decisioni …  Sempre silenzio, sorriso e pazienza! Sempre il volto sereno e pacioccone, santamente pacioccone, riusciva a sorvolare su eventi che avrebbero potuto far sollevare critiche o dissensi.

Il Fondatore di questa generosa Famiglia religiosa sembrava davvero uscito dalla Casa di Nazareth e sembrava vivere sempre in quella povera casetta, in cui si respirava solo l’aria di Dio: detto il Fiat, Maria rientra nel silenzio e parla solo per magnificare il Signore.

La preoccupazione del Padre, allora, come sempre, era solo quella di guidare personalmente le sue Suore, con parole, meditazioni e scritti, manifestando in questo, la vera caratteristica di chi, oltre che Fondatore, è innanzitutto Padre e Maestro. Un vero padre Mons. Alberico Semeraro! Lo è stato per la Chiesa Oritana e lo è stato particolarmente per queste Figlie che ha generato alla vita consacrata e ha formato con l’amore del padre e della madre.

È appunto dal suo cuore paterno, che quarant’anni fa nacque una Famiglia religiosa e nacque come servizio alla Chiesa locale, alle molteplici istanze apostoliche che il giovane Vescovo di Oria avvertiva. Fu un dono di Dio alla Chiesa e, col passar del tempo, col crescere delle figlie, e l’espansione missionaria ormai in atto, ha mostrato sempre più la sua fecondità.

Il piccolo gruppo di Sorelle, quasi tutte del posto, è oggi una bella famiglia, che non solo ha ricevuto il riconoscimento pontificio, ma ha allargato le sue ali fino all’Africa e all’America meridionale, accogliendo giovani di quattro continenti. Ed ancora il Fondatore, vegliardo di Dio, continua a vivere accanto a loro, offrendo ad ognuna il tributo del suo affetto e della sua instancabile preghiera.

Chi leggerà queste pagine rimarrà certamente edificato, e chi ha accompagnato, un po’ da vicino, un po’ da lontano, il cammino delle Oblate di Nazareth sa che, tutto quel che è avvenuto, è opera di Dio e frutto della presenza costante della Vergine Maria. Senza l’aiuto dello Spirito, non solo il ramoscello piantato accanto ai Santi Medici sarebbe seccato, ma la sua fecondità sarebbe stata un sogno, al massimo, un pio desiderio e nulla più.

È proprio vero che, per giudicare un albero, bisogna attendere la maturazione dei frutti, ma soprattutto guardare alla qualità dei frutti stessi. Mons. Semeraro ha seminato e ha piantato; Dio ha dato la fecondità ed ora, questo albero stupendo, nato nel segno di Nazareth e a Nazareth sempre proiettato, ha messo le ali e ha raggiunto paesi e continenti, venti anni fa, neppure immaginabili.

Quando, giovane prete, vedevo le Oblate e quando, accompagnavo Sua Eccellenza Mons. Alberico e la Madre nei primi passi romani, sentivo già che quella era opera di Dio, avvertivo che il Signore stava preparando giorni di grazia e ringraziavo la Madonna per tutto, anche per la gioia di verificare direttamente come la fede e solo essa sorregge uomini, istituzioni e comunità.

La fede di Mons. Semeraro è una fede semplice, serena, ma anche forte, come le querce della Murgia. Le sue origini non tradiscono mai l’interiorità essenziale, e la sua concretezza (era capace di disegnare e progettare da solo edifici, mobili e arcate!) supera ogni immaginazione.

È stata, per me, una grande grazia, averlo potuto conoscere da vicino ed ora, quando riprendo nelle celebrazioni solenni il pastorale dorato, che volle donarmi per la mia consacrazione episcopale, sento nelle mie mani una grande eredità di servizio e di donazione senza limiti …

La Puglia gli è grata per il lungo servizio svolto nella nobile Chiesa di Oria, ma la Chiesa gli è ancora più grata, perché, tra le tante opere, nate dal suo cuore, c’è anche questa famiglia religiosa che, a quarant’anni di età, è tutta proiettata verso immensi traguardi apostolici e missionari.

1° novembre 1996 – Festa di Ognissanti

 + Cosmo Francesco Ruppi

Arcivescovo Metropolita di Lecce

Presentazione di Suor Filomena Gallo

Superiora Generale delle Oblate di Nazareth

Sorelle mie carissime,

in varie occasioni e in diversi documenti, il Santo Padre Giovanni Paolo II raccomanda agli Istituti Religiosi di “tornare alle fonti della propria origine” per ricordare le idee, i motivi, i programmi da cui sono nati gli Istituti e riscoprire gli entusiasmi ed il fervore, per farli rivivere, pur con adattamenti necessari all’epoca attuale, nell’azione e nelle anime di oggi.

Spinta da questi autorevoli richiami, a nome delle Oblate di Nazareth, celebrando il quarantesimo anno della nostra istituzione, ho incaricato la dott. Dora Ciotta, che ha conosciuto nei primi anni del suo episcopato a Oria Mons. Semeraro come Presidente diocesana delle Gioventù Femminile di Azione Cattolica, di preparare questa cronistoria raccogliendo, in rapida sintesi, le memorie storiche dell’intero Istituto, così come conservate nel nostro archivio.

Di un fiume si va a scoprire l’origine, il primo filo d’acqua che sgorga dalla sorgente nascosta tra le rocce del monte, lo si segue nel passare attraverso pietre, prati verdi, boschi ombrosi, accogliere di qua e di là altri rivoli che ne ingrossano la portata, finché lo si ammira quando solenne e maestoso rende feconda la vasta pianura.

È un atto di immensa riconoscenza verso il nostro venerando Fondatore, Mons. Alberico Semeraro, che, anche nei limiti della sua avanzata età e della malferma salute, è la sorgente feconda da cui è scaturita la istituzione e tutti gli innumerevoli e meravigliosi insegnamenti con i quali ne ha seguito lo sviluppo e formato le anime.

È un gesto di ringraziamento cordiale e devoto a quanti, Vescovi, Sacerdoti e laici, in tutti questi anni (è impossibile riportarne i nomi!) ci hanno aiutate, incoraggiate, sostenute in tutti i modi. Una cara occasione inoltre per dire grazie a tutte le Consorelle che, sin dalla prima ora o in anni seguenti, ci hanno accompagnate con il loro lavoro e sacrifici per un tratto di strada e poi, per varie ragioni, hanno lasciato l’Istituto.

In più, il libro vuole essere un piccolo ma fedele testimone per tutte le sorelle che oggi formano le nostre Comunità o si preparano a entrarvi: possa loro servire per conoscere la propria anima e ne traggano incentivo a non scoraggiarsi mai nelle mille difficoltà che ogni volta, ogni vocazione, ogni comunità può incontrare: è la “via stretta” che Gesù ha consigliato di prendere per il cammino verso la vita eterna.

Ma siamo sicure che anche tutti i nostri amici di oggi, e tanti che con fedele attenzione e, spesso, con encomiabile generosità ci seguono, ne avranno vantaggio, perché possano convincersi che essi sono i piccoli rivoli che, a poco a poco, arricchiscono la portata di questo fiume che vuole giungere a inondare e fecondare vaste zone di popoli.

Al di sopra di tutto e di tutti, umile, silenziosa, attenta, la Vergine di Nazareth: la prima Oblata, a servizio di Gesù, a servizio delle anime.

Il suo sguardo, fin dagli inizi, è stato, in tutti i momenti, luce, guida, conforto, stimolo, mille volte le labbra e il cuore del Fondatore hanno ripetuto: Madre mia, Fiducia mia!

La breve preghiera è diventata, anche per tutti noi, il pilastro che ci ha sostenute, il faro che ci ha guidato, la molla potente che ci ha spinte ad andare avanti.

Ieri, oggi, domani! Il motto episcopale del nostro amato Fondatore: Spes messis in semine. La speranza della messe è nel seme. Ciascuna di noi, le prime, le presenti, quelle che verranno, sia uno di questi semi, turgidi di vitalità spirituale, che possono procurare questa messe abbondante di bene nella S. Chiesa di Dio. Rileggeremo allora, con immensa gioia, la parola ciel vangelo: “In questo sarà glorificato il Padre, che portiate molto frutto”.

È l’augurio più bello che formulo a tutte le Oblate di Nazareth “presenti e future” e, con vivo affetto e riconoscenza, a tutti coloro che avranno piacere di leggere questa nostra storia.

21 novembre 1996 – Presentazione di Maria

Vostra aff.ma nel Signore, Suor Filomena Gallo

Superiora Generale

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Per non dimenticare – Il Magistero di S. E. Mons. Alberico Semeraro http://fammarinelli.synology.me/oblate/per-non-dimenticare-il-magistero-di-s-e-mons-alberico-semeraro/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/per-non-dimenticare-il-magistero-di-s-e-mons-alberico-semeraro/#comments Sat, 25 Jul 2015 16:24:52 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=14408 Per non dimenticare – Il Magistero di S. E. Mons. Alberico Semeraro

A cura delle Oblate di Nazareth

Schena Editore – Fasano 2003

Premessa di Sr. Filomena Gallo – Superiora Generale

Ai lettori,

con questa pubblicazione, densa di testimonianze e riflessioni che richiamano assai degnamente la vita e il magistero di Mons. Alberico Semeraro, Fondatore ed instancabile guida del nostro Istituto “Oblate di Nazareth”, assieme al fedelissimo amico dr. Donato Palazzo, già Pretore nella Città di Oria, abbiamo voluto rendere omaggio al venerato Padre che ci ha avviato e sostenuto nel percorso di donazione al Signore e certamente ci assiste ancora oggi, mentre dalla Gerusalemme celeste celebra la Pasqua eterna con Gesù nella Casa del Padre.

Oltre al nostro comune e costante ricordo nella preghiera per Lui, desideriamo che anche i Suoi amici e i Suoi devoti sappiano di Lui quanti Gli sono stati vicini e Gli riservano affettuosa memoria.

Grazie alla collaborazione, preziosa e variegata, di Prelati ed Amici che, rispondendo al nostro invito, hanno voluto ricordare alcune delle tappe più significative del Suo percorso terreno, desideriamo che di Lui sia conservata memoria degna di un Prelato e di un uomo di non comune sentire e di alto livello religioso e civile.

Il ricordo di Mons. Alberico Semeraro resta imperituro per noi Sue figlie spirituali e siamo convinte che Egli sarà sempre guida fedele per tutti coloro che Lo hanno conosciuto.

Anche a nome del dr. Palazzo e delle Consorelle, ringrazio di cuore tutti coloro che hanno accolto il nostro invito a scrivere di Lui e per tutti imploriamo la Celeste Benedizione che dal Cielo Egli sicuramente vorrà sollecitare per noi.

Presentazione di Mons. Marcello Semeraro

In memoria di Mons. Alberico Semeraro. Ottobre 1968. Ero, allora, un giovane seminarista che, nel Seminario Regionale di Molfetta, iniziava i corsi della cosiddetta “teologia speciale”, quelli, cioè, che vedevano riuniti i chierici studenti di teologia degli ultimi tre anni per il ciclo conclusivo di preparazione alla sacra Ordinazione. Si trattava, perciò, di un anno davvero particolare nel mio itinerario verso il sacerdozio. Fu allora che ebbi tra le mani una lettera pastorale del vescovo di Oria. Più che dal titolo: Vescovo sacerdoti laicato cristiano, fui piuttosto attratto dal sottotitolo, che recitava così: Gli uomini cambiano; Cristo e la sua Chiesa continuano a crescere. Capii, ad un primo rapido sguardo, che il testo affrontava un tema alquanto delicato, cioè l’avvicendamento nel ministero dei sacerdoti diocesani e specialmente dei parroci. Per quanto conoscessi quel Prelato solo per la coincidenza del mio cognome con il suo, questo m’incoraggiò a procedere nella lettura. Il resto venne da sé, agevolato dalla sensatezza del ragionamento, dalla fluidità dell’argomentazione, dalla prudenza pastorale che traspariva da quelle righe che procedevano quasi didatticamente. Il tutto composto dall’affermazione di un principio generale (“Il Parroco è l’amico dello Sposo che gli conduce la sposa, cioè il popolo”), da cui scaturiva, quasi naturalmente, la risposta a una serie di domande e nasceva il disegno, tratto dopo tratto, di una figura spirituale di parroco: edificatore di comunità, anello di una “tradizione” pastorale da conservare e da far progredire, pronto a identificarsi con il “servo inutile” di cui parla il Vangelo, disponibile ad accorrere là dove maggiore è il bisogno, amante della Chiesa Sposa di Cristo, al punto d’essere pronto a soffrire per essa. Fu questo il mio primo contatto con Mons. Alberico Semeraro. Semplice e occasionale, ma incisivo. Le sue parole e, più ancora, le sue riflessioni mi rimasero nella memoria. Le congiunsi, poi, avendovi la stampa dato un certo risalto, a taluni disordini accaduti in un centro della diocesi oritana proprio in coincidenza del trasferimento di un parroco. Mi parvero, allora, ancora più sapienti. Mai avrei potuto immaginare, né allora né poi, che trent’anni dopo avrei io stesso occupato la medesima cattedra episcopale.

Ottobre 1998. Resa ormai pubblica la mia elezione a nuovo Vescovo diocesano e celebrata pure la sacra Ordinazione episcopale, mi disponevo a iniziare ufficialmente il mio ministero nell’antica sede vescovile di Oria. In quei medesimi giorni mi fu donato, ancora fresco di stampa, un volume di Augusto D’Angelo sull’episcopato meridionale da Pio XII a Paolo VI, dal titolo Vescovi Mezzogiorno e Vaticano II. Era un profilo dei vescovi del Sud negli anni di Giovanni XXIII. Il periodo era decisivo, poiché si trattava non solo degli anni del Vaticano II, ma pure di un Mezzogiorno in fase di grande trasformazione; quando, cioè, gli venivano meno quei caratteri di società rurale, dove il cattolicesimo era vissuto per secoli in grande continuità. Anche la televisione, in quell’epoca, avviava il suo processo “globalizzante”. L’avere fra le mani “quel” libro e l’averlo proprio in “quel” momento, non poteva che avere l’effetto di farmi cercare tra le sue pagine il nome del mio predecessore. Non mi fu difficile trovarlo. Oltre alle coordinate biografiche, la figura di Mons. Alberico Semeraro vi ha il dovuto risalto riguardo ad un tema, quello della religiosità popolare, dove la caratterizzazione in senso tradizionale della religiosità del Sud riemerge con maggiore forza. Era uno di quei “nodi cruciali in cui ancora si può misurare la difficoltà del vescovo a imporre la prescrizione della Chiesa sulle forme consuete di devozione”, scrive l’Autore, ed aggiunge: “È il caso, ad esempio, del vescovo di Oria, mons. Alberico Semeraro, che fatica, contro le deviazioni della celebrazione della settimana santa, a far applicare il decreto della Congregazione dei Riti …” (p. 150 e nota 37). I fatti cui ci si riferisce risalivano al 1961, quando, nell’imminenza della Pasqua, il Vescovo pubblicò su Il Bollettino della Diocesi di Oria, destinandole al clero e al popolo della Diocesi, alcune riflessioni, trascritte con il suo solito stile discorsivo e colloquiale, sui tradizionali riti del triduo pasquale.

A questi semplici richiami cronologici di due miei “contatti virtuali” con Mons. Alberico, avvenuti prima degli altri più diretti che avrei avuto con la sua venerata persona, dal mio arrivo in Oria sino alla sua pia dipartita da questo mondo, vorrei aggiungere alcune altre annotazioni che, nonostante la loro brevità, potranno servire se non da avvio, almeno da incoraggiamento per un approfondimento della presenza del Vescovo e, mediante la sua persona, della Chiesa oritana all’evento conciliare, inaugurato quarant’anni or sono da papa Giovanni XXIII.

Apparteneva, Mons. Alberico Semeraro, a quella schiera di vescovi italiani che, formatisi sui modelli tipici del pontificato di Pio XII e pastoralmente impostati su schemi che, solo per semplificazione, chiameremo pre-conciliari, avrebbero poi avuto il compito di gestire la prima ricezione del Concilio nelle loro Diocesi e di guidarne l’innesto nelle rispettive Chiese particolari. Dei vescovi pugliesi ne furono protagonisti vescovi esimi come, fra quelli oramai defunti che con interventi orali o scritti fecero singolarmente sentire le loro voci, Enrico Nicodemo di Bari, Giuseppe Ruotolo di Ugento-S. Maria di Leuca, Achille Salvucci di Molfetta, Giuseppe Vairo di Gravina-Irsina. La storia dell’accoglienza nelle Chiese di Puglia dell’annuncio del Vaticano II, della loro preparazione al Concilio e della loro recezione dell’evento ha bisogno di essere approfondita. In verità essa è stata già avviata, ma è ancora ben lungi dall’essere completata.

Il vescovo Alberico Semeraro non ometterà di dare alla Diocesi le opportune disposizioni perché fossero accompagnati specialmente con la preghiera i primi passi del Concilio. Il Bollettino della Diocesi descriverà con dettagli la partenza del Vescovo per il Concilio, preceduta, il lunedì 8 ottobre 1962, da un’ora di adorazione eucaristica fatta insieme con tutto il Clero diocesano nel Seminario di Campomarino. L’incontro fu registrato pure con una solenne epigrafe in lingua latina ed ebbe “una conclusione quanto mai suggestiva e familiare: ad uno ad uno il Vescovo ha abbracciato e baciato i suoi sacerdoti, ed ogni sacerdote il Vescovo. Pegno dell’amore del Vescovo in mezzo a noi, ansia di pace e di bene di ogni cuore della Diocesi nel cuore del Vescovo perché attraverso il cuore del Papa sia deposta nel cuore di Cristo e rifatta vita nuova della Chiesa e della società” (Il Bollettino della Diocesi di Oria, luglio-ottobre 1962).

Mons. Alberico Semeraro, dunque, fu padre conciliare e, pertanto, fu presenza della Chiesa di Oria al Vaticano II, l’evento cruciale della storia della Chiesa e del mondo nel secolo ventesimo. Il Bollettino della Diocesi dell’agosto-novembre 1963 ne pubblica la foto, assiso al suo scanno conciliare, a destra della navata centrale della Basilica Vaticana. Al momento di tornare a Roma per il secondo periodo conciliare, Mons. Alberico volle ampiamente illustrare al clero e al laicato il significato del Concilio, spiegando che il suo scopo era “di far risplendere il volto della Chiesa nel suo naturale e primitivo splendore, perché diventi strumento di salute, attraente invito e sicura garanzia della realtà di Dio redentore in mezzo a noi, testimonianza eloquente di Cristo vivo” (Ritorno al Concilio Ecumenico [21 settembre 1963], p. 6). Il Vescovo con queste brevi espressioni mostra di avere recepito la nuova direzione ecclesiologica, che il Concilio aveva oramai gradatamente assunto a cominciare dal dicembre 1962, ratificata dai nuovi testi De Ecclesia inviati ai padri conciliari nel corso dell’estate 1963. Il Concilio, perciò, con terminologia personalista e in prospettiva trinitaria è descritto quale “supremo incontro della Chiesa intera con Cristo suo Capo, con lo Spirito Santo che è l’anima che rende vive e vitali tutte le membra del Corpo Mistico di Cristo, con Dio Padre che vuole la salvezza di tutti gli uomini, anche di quelli che finora hanno rifiutato e ignorato tale invito” (ivi).

Non è molto, in verità, quello che, scorrendo le pagine del Bollettino diocesano è possibile raccogliere. È certo, come risulta dalla consultazione degli Acta Synodalia, che il vescovo Alberico Semeraro sottoscrisse e diede la sua adesione a interventi collettivi dell’episcopato pugliese, come per lo schema sulla divina rivelazione, o di singoli padri come, per lo schema de Ecclesia, ad una richiesta avanzata dall’arcivescovo Nicodemo. In ogni caso, primo frutto della partecipazione al Concilio, concluso solennemente l’8 dicembre 1965, sarà per Mons. Semeraro l’indizione della Visita Pastorale fatta nel Natale dello stesso anno. Così scriveva nel suo Editto: “La sollecitudine pastorale richiede che il Vescovo visiti periodicamente la sua Diocesi, perché possa rendersi conto sempre più dei bisogni spirituali del gregge a lui affidato dalla Divina Provvidenza e provvederci nel miglior modo … Con la Visita Pastorale [ … ] ci proponiamo, con la benedizione del Signore e l’impiego di tutte le nostre energie, di rinvigorire la vita cristiana delle nostre popolazioni, conservare integra la Fede, far rifiorire i buoni costumi ed allontanare gli animi, per quanto è possibile, dal disordine, dai vizi, dai cattivi costumi” (Il Bollettino della Diocesi di Oria, gennaio-febbraio 1966). Non si esprime di sicuro, con queste ultime espressioni, una valutazione negativa del Vescovo sulla situazione della Diocesi poiché esse appartengono ad un linguaggio giuridico precostituito e sono semplicemente la traduzione in lingua italiana del dettato del canone 343 § 1 del Codice di Diritto Canonico allora vigente. La visita pastorale del vescovo Alberico ebbe il suo inizio nel gennaio successivo con la visita alla chiesa Cattedrale e proseguì verso Manduria, Torre Santa Susanna, Erchie, Sava … Ed a Sava ne ho ultimamente raccolto i segni attraverso la documentazione d’archivio conservata con cura nella parrocchia della Sacra Famiglia, che lo stesso Vescovo aveva canonicamente istituito nell’aprile del 1957 e dove io stesso oggi ho concluso la mia visita pastorale.

26 gennaio. All’epoca del suo episcopato era un giorno di festa nella Diocesi di Oria, coincidendo con il giorno onomastico di Mons. Alberico. Nello stesso giorno, anche ora che egli è passato da questo mondo al Padre, continuano a ricordarlo i tanti che a lui hanno voluto bene e che da lui hanno ricevuto del bene: Lo ricordano e pregano per lui anche ora, quando sono trascorsi cent’anni dalla sua nascita. Con loro lo ricorda il suo successore in questa Sede.

26 gennaio. Per la Chiesa di Oria questo giorno continua ad essere ricordato anche perché esso segna l’incontro dell’intera Chiesa di Oria con il Papa. Anche Mons. Alberico guidò nell’ottobre del 1963 un incontro diocesano col Papa. Sulla Cattedra di Pietro sedeva allora, da pochi mesi, Giovanni Battista Montini, che aveva assunto il nome di Paolo VI. In precedenza, nella sede di Milano egli era stato successore di San Carlo Borromeo. Per questo il vescovo Semeraro, ricordando il quarto centenario dell’assegnazione alla famiglia dei Borromeo del Principato di Oria, poi venduto per quarantamila scudi d’oro distribuiti in un solo giorno ai poveri di Milano, volle organizzare un incontro della Diocesi con il nuovo Papa al fine di presentargli “la testimonianza della sua fede che non è venuta mai meno, la fioritura di opere destinate alla carità ed alla formazione dei futuri sacerdoti, in piena prosecuzione con lo spirito di S. Carlo, ed una serie di doni per le zone più povere del mondo che si rivolgono al cuore del Santo Padre come allora le terre lombarde al cuore di San Carlo” (dall’Annuncio del 23 settembre 1963 e dal Discorso di omaggio del Vescovo). Gli oltre novecento pellegrini, giunti dalla Diocesi di Oria molti con il treno, altri con dodici pullmans e altri ancora pure con l’aereo, al mezzogiorno del 9 ottobre furono ricevuti nell’aula delle Benedizioni del palazzo apostolico dal Papa, il quale, riprendendo anch’egli la memoria di San Carlo, parlò di una sua intima parentela spirituale con la Diocesi di Oria.

Il 26 gennaio 2002 la Chiesa di Oria tornò a Roma per incontrare nuovamente Pietro, il cui ministero permane nella persona di Giovanni Paolo II, e perché il suo Vescovo avviasse la sua Visita Pastorale dal luogo dove permane la testimonianza dell’apostolo Pietro.

Nel cammino di una Chiesa, che sino al giorno del raduno finale attraversa i secoli e gli spazi della terra, ci sono sempre dei passi che si aggiungono agli altri in sequela fedele del Maestro e secondo un itinerario nel quale, per non deviare, occorre calcare sempre le Sue orme. Non importa di chi siano i piedi, né importa quali siano i sandali che li calzano. Conta, invece, che essi ricalchino le orme di Gesù. Quando c’è qualcuno che lo segue, Egli domanda sempre: Chi cercate? E se, di rimando, Lo si interroga dicendo: Dove abiti?, Gesù risponde sempre: Venite e vedrete (cfr. Gv 1, 38-39). Anche una successione episcopale, al di là delle esterne circostanze e delle temporanee contingenze e coincidenze, è sempre un succedersi di discepoli che ricalcano le orme del Signore, a cominciare da quei Dodici cui disse per primi: “Venite dietro a me, Io vi farò pescatori di uomini” (Mc 1, 17 e parr.). Certo, gli uomini cambiano; Cristo e la sua Chiesa continuano a crescere.

Anche nella Chiesa di Oria ci sono, ci sono stati e continueranno ad esserci “piedi” che si muovono sulle orme del Signore. L’immagine mi piace e ad essa ho dedicato una mia Lettera pastorale. Al di là degli uomini, infatti, cui appartengono quei piedi, l’importante è che essi siano scalzi, come i piedi di Mosé di fronte alla manifestazione misteriosa della presenza di Dio, e pronti perché Gesù li lavi, come fece agli apostoli nella notte in cui si donò.

 

Oria, 26 gennaio 2003

+ Marcello Semeraro

Vescovo di Oria

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I primi 50 anni delle Oblate di Nazareth http://fammarinelli.synology.me/oblate/i-primi-50-anni-delle-oblate-di-nazareth/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/i-primi-50-anni-delle-oblate-di-nazareth/#comments Sat, 25 Jul 2015 16:18:54 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=14406 I primi 50 anni delle Oblate di Nazareth

A cura di Dora Ciotta, 2006

Introduzione di Dora Ciotta, un’antica amica

I primi cinquanta anni di vita di una persona, o di un Istituto religioso del quale si fa parte, è sempre l’occasione giusta per porsi le domande più importanti per l’esistenza, non solo per se stessi, ma per chi ci avvicina. Chi sono? perché vivo? perché ho seguito questa strada? Come testimonio alle persone che incontro se sono di Cristo e vivo per Lui? Lascio ogni giorno un segno, con la mia presenza d’amore, nella comunità alla quale appartengo? e, per essa, nella Chiesa di Dio?

Sento veramente che la presenza di ogni persona, nella mia piccola o grande comunità, mi arricchisce interiormente e la sua assenza m’impoverisce? Se per es. una consorella parte o muore, lascia un solco nel mio cuore?

Credo che nella Chiesa, in ogni piccola comunità di cui si fa parte, familiare o religiosa, per il mistero della Comunione dei Santi, il bene o il male di ogni membro, il suo impegno o il suo disimpegno, il suo benessere o il suo malessere diventano il bene o il male, l’impegno o il disimpegno, il benessere o il malessere di tutti e quindi anche il mio?

È più importante, insomma, per me, l’osservanza del mio programma di vita, il quieto vivere, l’essere irreprensibile, oppure farmi prossimo, prendermi cura di chi mi sta vicino, rischiare per far crescere nella responsabilità le persone con cui vivo, nella comunità di cui faccio parte?

Domande fondamentali queste per verificare l’orientamento di ogni vita e di ogni comunità. Soprattutto di una comunità religiosa.

Non potete servire a Dio e a Mammona”, ci ammonisce infatti Gesù di Nazareth, dove “mammona” è ogni idolo che ci allontana da Dio e dall’Amore che è Dio.

Come antica amica, accogliendo l’invito della Madre generale Suor Filomena Gallo a preparare qualcosa per celebrare il loro 50°, ho pensato che il 50° dell’Istituto delle Oblate di Nazareth potesse essere per tutte, l’occasione di un migliore riconoscimento e riorientamento verso il carisma di Nazareth e non solo di una più grande riconoscenza a Dio, perché: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la casa, invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon mattino, andate tardi a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno”. (Sl. 127, 1-2).

Conoscendo familiarmente le Suore, ho voluto ascoltarle con voce immediata. Per la prima volta ho posto alcune semplici domande, in ordine alla storia della loro vocazione e alla loro esperienza di vita, a quante hanno voluto collaborare.

Ho potuto dunque ascoltare le risposte, una per una, di gran parte delle Suore presenti in Italia di varie nazionalità, secondo la loro disponibilità nelle diverse case italiane, all’ora del mio passaggio.

Ho incontrato dovunque persone accoglienti e umili, di varie età e aspettative di vita: le anziane, tutte o quasi, con un’istruzione piuttosto ridotta all’essenziale, le giovani indirizzate ad una formazione sobria, aperta al confronto con altre spiritualità, a Roma. Tra le altre, per fortuna, anche la Superiora della casa della Nigeria, venuta in Italia per curarsi.

Nelle diverse Case italiane, grandi, ordinate, solenni e sovraccariche di mobili antichi, ricevuti in dono e ben conservati, mi hanno fatto dono di un po’ di tempo per un dialogo confidente, in un clima caldo e familiare.

Sempre mi colpisce quel loro talento di accogliere con semplicità ogni dono, anche piccolo, e di saperlo recuperare con pazienza o trasformarlo con creatività, in cucina e per la dispensa, o per le missioni; quella loro disponibilità, umile e generosa, di ospitare, soprattutto a tavola, adeguatamente, sacerdoti, cardinali e vescovi, di diverse regioni del mondo, e non solo d’Italia, quando sono in situazione di bisogno e di spaesamento …, o semplicemente lo chiedono.

Nel mio lungo peregrinare per l’Italia, raramente ho potuto verificare tale disponibilità presso altre case religiose. È proprio un carisma!

Mi commuove pure l’insistenza di queste Suore a modificare, con l’intenzione di migliorarle, le preghiere comuni e i canti nelle Liturgie e nelle assemblee comunitarie, anche se … a me personalmente pare sempre più desiderabile, anche in chiesa, il silenzio …

Questo libretto vuole aprire lo scrigno di questa Comunità, come una rugosa melagrana che mostra i suoi chicchi rosati, tutti teneri e disuguali, tutti fragranti di luce intima.

Le risposte delle varie Oblate vi si snodano naturalmente come il loro quotidiano: il lavoro continuo, l’obbedienza nascosta, l’accoglienza che rinnova ogni ospite, il silenzio dell’unione con Dio, il fervore della missione, la speranza di un nuovo convivere in pace degli uomini e delle donne.

Vi si potrà ritrovare lo svelamento del carisma di Nazareth, scelto dal Fondatore? Lo spero.

L’albero disegnato finemente dalla grafica Rosanna Sannino sulla copertina, ne fa sprigionare proprio una mirabile luce di speranza.

È un albero “meticcio” che rende chiaro il messaggio di un Istituto religioso in cui umili suore, di culture diverse, di continenti e di età diverse, per la fede in Gesù Cristo, al servizio nella Chiesa, vivendo insieme nel sacrificio e nell’amore, riescono a sprigionare fiori e frutti diversi: il sandalo profumato dell’India, le fresche banane della Nigeria, l’ananas asprigno del Brasile, le succose olive e le dure pigne pugliesi …

Sono i luoghi diversi in cui le Oblate hanno le loro Case di vita e di lavoro, generalmente ben apprezzato nell’ambiente.

“Dalle civiltà miste nascono i sistemi più stabili”: ha scritto recentemente su Avvenire lo storico medievalista Franco Cardini.

Ho sentito le diverse Oblate per il loro 50°, con Maria di Nazareth, ripetere ,ancora una volta: Ecce! Fiat! con la loro vita, anche se a volte oscura e dolorosa, e dire con la loro voce personale: Magnificat! e ho ripensato alle osservazioni del biblista Bruno Maggioni: “L’evangelista Luca chiama la Vergine: “Maria” e l’angelo: “amata gratuitamente”, piuttosto che “piena di grazia” ( è questa infatti la migliore traduzione del verbo greco). Rispondendo, Maria chiama se stessa “serva”: “Eccomi, sono la serva del Signore”. Grazia e servizio: in questi due termini è racchiusa tutta la comprensione cristiana dell’esistenza umana. Il dono ricevuto continua a farsi dono”.

Ecco, mi pare proprio questo il messaggio semplice e sincero delle Oblate. Grazie, care Oblate.

A conclusione di questa esperienza unica, per voi e per me, vi suggerisco una preghiera mirabile da fare quotidianamente insieme: è quella che il Papa mette a suggello della sua 1° Enciclica: “Deus caritas est”.

 

“Santa Maria, Madre di Dio,

tu hai donato al mondo la vera luce,

Gesù, tuo Figlio-Figlio di Dio.

Ti sei consegnata completamente

alla chiamata di Dio

e sei diventata sorgente

della bontà che sgorga da Lui.

Mostraci Gesù. Guidaci a Lui.

Insegnaci a conoscerlo e ad amarlo,

perché possiamo anche noi

diventare capaci di vero amore

ed essere sorgenti di acqua viva

in mezzo a un mondo assetato.”

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Sempre nello spirito di Nazareth http://fammarinelli.synology.me/oblate/sempre-nello-spirito-di-nazareth/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/sempre-nello-spirito-di-nazareth/#comments Sat, 25 Jul 2015 16:09:03 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=14404 Sempre nello spirito di Nazareth

Scritti e lettere alle Oblate di S.E. Mons. Alberico Semeraro Vescovo Emerito di Oria, fondatore dell’Istituto Religioso “Oblate di Nazareth” (1952-1993)

a cura di Dora Ciotta

Tipolitografia Spoletina, Spoleto 1995

Presentazione di S.Em.za Card. Vincenzo Fagiolo

Dicono a Martina Franca che i Semeraro sono robusti e resistenti come le querce delle loro Masserie.

S.E. Rev.ma Mons. Alberico Serneraro, Vescovo emerito di Oria, al suo 92° anno sta vivendo quell’ottimo sanctum (S. Agostino), che per la carità divina che lo informa edifica in ogni età. E dato che fides non habet aetatem e caritas non gravatur annis (S. Ambrogio), il nostro caro Vescovo può ogni giorno lodare giulivo Dio che gli sta allietando e rinnovando la giovinezza, di cui gli scritti, che ho l’onore di presentare, sono la concreta benefica dimostrazione.

E’ un grosso volume dattiloscritto (quello che ho tra le mani) di 350 pagine, che le sue figlie spirituali stanno per pubblicare.

Sì, le sue figlie, sono sue: lo può dire, come lo diceva l’Apostolo Paolo nei riguardi di quanti aveva generato nella fede e nella grazia di Gesù Cristo. Sono sue, perché appartengono all’Istituto “Oblate di Nazareth”, da lui voluto, fondato e sostenuto con fermezza e fiducia in Dio nei momenti lunghi e sofferti della prova e della sospirata approvazione pontificia.

Sono sue, perché da lui guidate spiritualmente, canonicamente configurate, paternamente dirette. Questo compito lo ha svolto con l’amore dell’autentico pastore, con la testimonianza delle virtù, che è la prima e più efficace predica. “Chi è pieno di Spirito Santo – spiegava S. Antonio di Padova – parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere”.

Alla testimonianza, S.E. Mons. Semeraro ha fatto seguire l’insegnamento orale e scritto. Da saggia guida spirituale ha coltivato la corrispondenza con quante tra le sue figlie si rivolgevano a lui chiedendo consigli.

I suoi scritti raccolgono anche discorsi, conferenze, istruzioni. Ma non si pensi che siano scritti e prediche di tempi passati, di decenni trascorsi o di anni giovanili; no, niente affatto; vi sono scritti di ieri, di qualche mese fa. Il volume porta infatti due date entro le quali vanno catalogati tutti gli interventi.

Dal 1952 al 1993 Mons. Semeraro non ha mai smesso la sua missione di maestro della fede e di guida spirituale. E l’ultimo suo scritto che viene qui stampato e pubblicato è del 4 Ottobre 1993. Ed è una preghiera alla Madre della Fiducia, il cui figlio, educato al Seminario Romano Maggiore a venerarla e ad amarla con fiducia, sempre l’ha portata nel cuore, sempre in Lei ha confidato, sempre di Lei ha parlato e scritto e sempre ne ha diffusa la devozione.

In queste pagine continuamente ricorre il ricordo e l’invocazione a Maria!

E a chi Mons. Semeraro poteva rivolgersi, al compiersi del 91° anno della sua vita? Era il 4 Ottobre del 1993, il 19 Gennaio avrebbe celebrato il compleanno; pregava perciò:

“O Maria, Madre della Fiducia, da me sempre amara, pregata ed invocata, assistimi e conducimi nella via della salvezza e quando verrà l’ora di Dio, voglia Tu presentarmi a Gesù, Amore Misericordioso, perché mi accolga nella Celeste Dimora”.

Il tema mariano ricorre quasi in ogni pagina e se mi fosse stato consentito avrei parlato e scritto soltanto di questo: Maria e il suo devoto Vescovo.

Un altro tema dominante, in questi scritti, è quello di Gesù, soprattutto Crocifisso, al quale lo zelante Vescovo si rivolge perché sia aiutato a completare, come San Paolo, nella sua carne, “ciò che manca ai patimenti di Cristo, a vantaggio del Suo corpo che è la Chiesa”.

Ma Gesù viene continuamente presentato e caldamente raccomandato alle Oblate di Nazareth, come modello sublime da imitare con l’osservanza fedele e generosa dei voti di castità, povertà, obbedienza.

Al modello divino le Oblate stanno vicine, raccolte nella “povera casetta di Nazareth, dove Maria ogni giorno ricominciava il suo compito di Ancella del Signore, tutto offrendo per quella salvezza delle anime nostre che Gesù Bambino si preparava a compiere”. E l’impegno dell’imitazione deve essere continuo, coraggioso e totale, perché – scriveva il Padre ad una Oblata il 4 Aprile 1954 – “non puoi amare Nostro Signore con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, se di fatto lasci un pezzetto del tuo cuore, della tua anima, della tua mente, delle tue forze, per dedicarle ad amare, a difendere, a ricordare, ad occuparti di te stessa, a pensare a te ed a ciò che gli altri pensano di te”.

Si sente in quest’esortazione l’eco della calda raccomandazione di S. Francesco di Sales a Giovanna Francesca di Chantal, perché nel suo cuore non ci fosse nulla, fosse completamente libero ed aperto a ricevere solo la grazia e l’amore di Dio.

E come il Santo Vescovo di Ginevra, così S.E. Mons. Semeraro dà l’unica spiegazione: “Questo pezzetto (di cuore) sembra una cosa da poco o da niente, ma basta ad avvelenare la vita tua ed a rendere fittizio, impotente ed incostante l’amore per il Signore”.

Potremmo continuare con altre cento, mille citazioni, e da tutte trarremmo un altro grande valore della vocazione cristiana resa più radicale dalla professione dei consigli evangelici: l’ascesi.

Le sue Oblate Mons. Semeraro le vuole sempre spiritualmente impegnate, in permanente formazione, nella tensione tutta evangelica del mistero pasquale, che è mistero di Morte e di Risurrezione, in un crescente continuo di allontanamento dalle passioni e dal peccato e di un sempre maggiore avvicinamento alla virtù.

“Dichiara guerra alla tua vanità” scrive ad una delle sue figlie e a tutte: “Siate vigilanti!”. Allo scopo di “diventare più ricche di grazia, di vita interiore, di unione al Signore”.

Bisogna non essere “avari col Signore. Il pensare che quel sacrificio – scriveva alle sue figliuole il 6 Marzo 1962 – mi aiuta ad avvicinarmi molto più a Cristo, e che è ben piccola cosa di fronte ai sacrifici che il Signore ha fatto per me, è un pensiero utile, più giusto e più vero e mi fa camminare innanzi, e progredire con gioia e con slancio”.

E molte pagine degli scritti sono dedicate al tema dell’impegno ascetico: “Chi vuol essere mio discepolo, rinneghi se stesso e mi segua” (pp. 52 – 87). Sono pagine di saggia direzione spirituale, che mira a far distaccare l’anima consacrata da tutto ciò che può essere di ostacolo alla perfetta e piena adesione a Cristo, scelto come Unico Bene; che tende a “liberare il cuore dall’amor proprio”; anche se nel cammino ascetico è raro che si possa fare più di “un gradino alla volta”, l’importante è che si vada avanti.

Sì, perché “Oblata vuol dire vittima offerta e quindi sarà tanto bello se ti offri generosamente a scoprire il Signore e gli effetti del suo lavoro e della sua grazia nelle anime ….”.

Inoltre, Mons. Semeraro ben sa e fortemente raccomanda a tutte le Oblate che al cammino ascetico della conversione totale al Signore è necessaria la frequenza periodica del Sacramento della conversione, per giungere a “immolarsi come Gesù da Betlemme al Calvario”: “immolazione volontaria e totale, che Egli solo può chiedere ed è un immenso dono”.

In queste considerazioni ascetiche del Padre c’è tutto il programma di perfezione che il decreto conciliare Perfectae caritatis ha sviluppato e proposto agli Istituti di vita consacrata e che il can. 607 § 1 ha così splendidamente riassunto: “La vita religiosa, in quanto consacrazione di tutta la persona, manifesta nella Chiesa il mirabile connubio istituito da Dio, segno della vita futura. In tal modo il religioso porta a compimento la sua totale donazione come sacrificio offerto a Dio, e con questo (sacrificio) l’intera sua esistenza diviene un ininterrotto culto a Dio nella carità”.

Negli scritti che vanno dal 1976 al 1981 Mons. Semeraro si mostra attento alle opere che il suo Istituto realizza e che le Oblate devono svolgere come lampade ardenti d’amore per i fratelli. Quindi niente “intimismo” e la “conversione della vita” è finalizzata ad amare Dio per un servizio sempre più generoso al prossimo.

Le Oblate sono state chiamate perché siamo “taciti strumenti del Suo amore misericordioso”. Il Signore le ha volute sue perché vuole da esse “essere amato nel prossimo” e perché chi le incontra possa dire: “Com’è buono Gesù!”.

Da qui la specificazione del “carisma delle Oblate di Nazareth” in uno scritto del 25 Marzo 1979.

Un discorso a parte e più lungo meriterebbero gli scritti sui voti. Mons. Semeraro parla spesso, esplicitamente e singolarmente a più riprese e dettagliatamente o brevemente e per inciso; sempre con saggezza pari a chiarezza e senso profondo di discrezionalità e discernimento. Sa che i voti in sé sono gioielli preziosi che Dio ha donato alla sua Chiesa e che la Chiesa custodisce religiosamente; ma sa anche che viverli comporta somma vigilanza da parte dell’Oblata ed attenta e fiduciosa opera di aiuto da parte delle superiore e di quanti hanno la cura dell’Istituto. E sa anche che senza la “meditazione, la lettura accurata e riflettuta del Vangelo”, senza “l’umiltà del cuore”, senza “la preghiera e la Eucaristia” non è possibile che le Oblate possano ricopiare in loro, ed essere nella condizione esistenziale nella quale visse in terra, Gesù povero, casto, obbediente. Saranno aiutate in questo cammino ascetico dal loro carisma, dallo “Spirito di Nazareth”.

Scriveva il 19 Febbraio 1985: “Vi siete consacrate al Signore con il nome di Oblate di Nazareth, perché in qualunque ambiente la Provvidenza vorrà chiamarvi, rendiate in voi ed intorno a voi appunto quello stesso Spirito che animava ed illuminava la Casa di Nazareth. Quale era questo spirito? …

“Donarsi totalmente al Signore”. Il fine specifico dei voti è questa donazione; è il raggiungimento della perfezione della carità (cfr PC, N. 1). Perciò: “Vivere il nostro amore per Cristo, non con belle parole soltanto ma soprattutto amandolo, servendolo, compatendolo nelle persone del nostro prossimo e condividendo con Lui la sofferenza per i loro difetti”.

Da qui le lettere e gli scritti che vanno dal 1986 al 1988, il cui tema dominante é: “amare fino all’estremo, sempre con Maria di Nazareth” (cfr pp. 257-293).

Lo Spirito di Nazareth informerà e qualificherà l’apostolato delle Oblate, le quali così facendo, daranno alla loro vocazione una risposta generosa e fedele, anche “nei più umili servizi” e sempre “sotto la guida di Maria, la più obbediente ancella del Signore”.

In hac luce vive: così il poeta latino Orazio esortava l’amico a vivere la romanità, la grandezza di Roma, la gloria dell’Impero, la potenza delle sue legioni e la forza morale del suo Diritto.

Fa’ così e vivrai: dice S.E. Mons. Semeraro all’Istituto che è sgorgato dal suo cuore di sacerdote, di pastore, di padre. La raccolta dei suoi scritti chiude con questo testamento.

Ad ogni Oblata, a tutte le Oblate lascia questo messaggio di formazione permanente (Fa’ così) e di compimento vocazionale e missione religiosa compiuta: e vivrai!

Fai così: come Gesù; come Maria, con lo Spirito di Nazareth. E vivrai in Cristo!

 

+ Vincenzo Fagiolo

Presidente del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi

Note di Dora Ciotta

prima presidente diocesana della G.F. di Azione Cattolica nominata dal Fondatore, allora Vescovo di Oria, attuale animatrice dell’associazione culturale Famiglia Aperta

Dalle oltre mille pagine dattiloscritte e raccolte in cinque fascicoli di fotocopie, che mi sono state consegnate circa un anno fa, ho trascelto le trecentoquaranta pagine di questo volume. Una potatura non indifferente, perché si trattava come di sfrondare la chioma immensa di un albero vivo, e come di contenere un fiume verde di pastoralità, prima ancora che di spiritualità religiosa.

Intendo dire che questo messaggio di fede matura che, Mons. Semeraro ci offre, va ben oltre, mi pare, il nutrimento alla piccola comunità delle Oblate di Nazareth.

A me tocca però di dar conto, non tanto dei contenuti, che il libro stesso s’incaricherà di comunicare a quanti vi si accosteranno senza fretta, quanto dei criteri che ho seguiti nel riordino e nella selezione del materiale preso in visione.

Ho tenuto semplicemente compresenti il criterio cronologico e quello pedagogico, con il fine, non di tracciare la fisionomia e la storia del Vescovo fondatore dell’Istituto delle Oblate, ma di evidenziare il suo pensiero, liberandolo dai particolari irrilevanti e da qualche appesantimento retorico.

Per meglio distinguerli e mostrarne l’integrazione, ho utilizzato caratteri tipografici diversi per i brani delle lettere alle singole Suore e alla Comunità e per quelli delle riflessione e delle preghiere, destinati ai ritiri e alle Liturgie.

La divisione in parti del libro, con i piccoli indici particolari e l’indice finale per argomenti, ha inteso come a “organizzare” un pensiero che corre e brilla in mille frammenti, spesso vergati in fretta, in un vita segnata da una grande attività apostolica di Vescovo, dentro e fuori la sua diocesi, e, per ciò stesso, apparentemente giocata solo sull’esteriorità del Ministero.

La scelta dei colori e delle immagini simboliche della terra pugliese, sta a rappresentare il contesto vitale nel quale ha preso corpo e si è sviluppato questo seme religioso, e vorrebbe proprio segnalare i tratti caratteristici di questa cultura ambientale, di terra e di cielo, di accoglienza e di slancio, alla quale il Fondatore si è riferito in maniera così semplice e naturale.

E infine desidero sottolineare lo stile di questa “corrispondenza pastorale”, che si traduce in forti valenze didattiche, esplicative, instancabili: una didattica di apertura e di autoanalisi, che si fonda proprio nella libertà e nella dignità della persona, sempre chiamata a dare il proprio consenso. Persona che la Fede misteriosamente valorizza, anche quando ne esige la mortificazione più oscura.

E non è per questa Fede che si colora di bellezza e di speranza la morte di ogni seme nella bruna terra Sud?

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L’umile quotidianità – Il carisma delle Oblate di Nazareth http://fammarinelli.synology.me/oblate/lumile-quotidianita-il-carisma-delle-oblate-di-nazareth/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/lumile-quotidianita-il-carisma-delle-oblate-di-nazareth/#comments Sat, 25 Jul 2015 15:58:58 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=14399 L’umile quotidianità – Il carisma delle Oblate di Nazareth

Testo di Mons. Francesco Gioia, 1997

Presentazione di Mons. Giovan Battista Pichierri

Sua Eccellenza Monsignore Francesco Gioia, o.f.m.capp., arcivescovo emerito di Camerino-S. Severino Marche, Segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti fa dono di questa pubblicazione: “L’umile quotidianità – Il carisma delle Oblate di Nazareth” alla Congregazione omonima e al suo venerato fondatore, Sua Eccellenza Monsignor Alberico Semeraro, vescovo emerito di Oria.

Come l’autore scrive nella prefazione, è una monografia che tenta di costruire la fisionomia spirituale dell’Istituto religioso “attraverso i frammenti dell’anima del suo Fondatore, sparsi nella sua corrispondenza, per un lungo periodo quasi quotidiana”(Prefazione). Lo stesso autore ritrae felicemente l’opera fondativa di Mons. Semeraro, paragonandola a quella del seminatore della parabola: “E uscì il seminatore a seminare …” (Mt 13,3). La bontà del seme caduto in terreno buono “diede un frutto abbondante: cento o sessanta o trenta volte di più” (Mt 13,8).

Mons. Semeraro è come il seminatore della parabola. La sua attività di sacerdote ministro iniziò l’11 aprile 1925 nella santa Chiesa di Taranto come educatore in Seminario; poi si dilatò nella fondazione della chiesa parrocchiale del Carmine in Taranto, dal 1931al1947; si modificò nel ministero episcopale esercitato nella santa Chiesa di Oria (BR) per mandato del santo Padre, il Papa Pio XII, dal 29 agosto 1947 al 18 marzo 1978; e ad oggi è vissuta nella dedizione totale alla Congregazione delle Oblate di Nazareth, nata, per volontà di Dio, nella Chiesa diocesana di Oria (1952) attraverso la sua preziosa opera di seminatore e coltivatore, ed accolta con riconoscimento pontificio nella Chiesa universale (1.5.1984). Giustamente scrive Mons. Gioia: “Dopo pochi anni di attività pastorale egli volle affidare al terreno della sua Diocesi un seme, cioè volle dare vita a un Istituto religioso per arricchire la comunità diocesana di un carisma. Egli nutriva la speranza che questo seme germogliasse e diventasse abbondante raccolto per la Chiesa” (Testo, p.2). È il seme di Nazareth. Un seme che contiene la vita di Gesù Cristo accolto da Maria e Giuseppe, cioè dalla santa Famiglia, laddove le dinamiche di grazia si evidenziano nelle relazioni vissute tra Maria, Giuseppe e Gesù nell’ubbidienza e nell’umiltà, nella reciproca collaborazione e nell’accoglienza amabile di tutti, specialmente dei più piccoli, degli ultimi. Mons. Semeraro, animato dalla fede nel mistero dell’Incarnazione e della santa Famiglia, coglie gli aspetti meno appariscenti della vita di Gesù, ma proprio per questo più autentici e credibili dello stesso Mistero, l’umiltà e l’obbedienza, la povertà e la dedizione totale, e li inculca nell’animo di creature semplici ma assetate di Dio attraverso un’opera di formazione certosina allo scopo di renderle simili a Maria e a Giuseppe in una vita consacrata tutta per il Regno, aperte all’accoglienza del Mistero, generose e laboriose nel collaborare all’opera della Redenzione con l’offerta totale e piena di sé a Cristo Signore, vivo e presente nei fratelli. ( cfr Testo, p.6).

L’Autore divide il suo lavoro in quattro capitoli, seguendo l’ordine delle lettere scritte da Mons. Semeraro dal 1952 al 1993 (le lettere di Mons. Semeraro sono pubblicate nel volume: “Sempre nello spirito di Nazareth” a cura di Dora Ciotta – Tipolitografia Spoletina, Spoleto, 1995)

I – Nazareth: il seme che contiene la vita

II – La storia dell’uomo è storia di salvezza

III – La mediazione umana alla salvezza

IV – Il progetto è completo.

Nei quattro capitoli si può facilmente scoprire l’ordito di fede, speranza, carità su cui Mons. Semeraro sa tessere la vita consacrata delle Oblate di Nazareth, e la tensione apostolica verso cui le spinge per essere nella Chiesa e nel mondo una riproduzione della santa Famiglia.

Emerge dal primo capitolo: “Nazareth: il seme che contiene la vita” , distinto in tre sottotitoli, la fede forte e robusta che Mons. Semeraro esige dalle sue figlie, per farne di esse una irradiazione di “Gesù Cristo”, il quale, “iniziatore ed esemplare supremo di una vita umana più bella, volle avere a Nazareth una Madre e una casa che fosse una scuola di bellezza delle piccole cose che oggi spesso difettano nella vita che facciamo” (Testo, p.14), per diffondere nel mondo sul modello di Maria, donna e madre, la dolcezza serena della casa di Nazareth, “il calore umano e la perfezione delle umili faccende” (id), educando “la gioventù a questa missione soave e materna della donna” (id). La fede dell’Oblata così come si evidenzia a “Nazareth”, per Mons. Semeraro, deve essere tradotta nella comunità delle persone che formano la Congregazione e deve esprimersi sempre nella “comunione” reciproca attraverso l’esercizio di una vita ascetica fatta di attenzione più che a se stesse a Cristo che vive in esse, divenendo così “specchio” di Lui, sotto l’unica signoria di Dio in quanto sua “proprietà”.

Dal secondo capitolo: “La storia dell’uomo è storia di salvezza” si evidenzia la speranza, la certezza cioè che quanto Dio inizia nella creatura lo porta a compimento. Qui l’autore in cinque sottotitoli cuce i pensieri di speranza che il Fondatore immette nell’animo delle Oblate. La storia dell’uomo è storia di salvezza. Sotto questo titolo Mons. Gioia sintetizza l’identità dell’Istituto delle Oblate di Nazareth dalla nascita al suo pieno sviluppo. Colpisce il linguaggio semplice con cui Mons. Semeraro traduce concetti teologici sulla speranza. L’immagine dello specchio : “non siamo lampade” , ma “siamo specchi”. È questa l’identità della vita consacrata dell’Oblata. L’immagine del contestatore: “riflettere unicamente la luce di Cristo”. Questa è la forza dell’irradiazione del carisma di Nazareth. L’immagine di Maria: “come Maria santissima dobbiamo persuaderci che per questa ragione (la nostra debolezza) il Signore ci ha scelti e solo finché restiamo in questa umile persuasione Egli ci fa grandi”. Maria è il segno sicuro della speranza che non viene mai meno. La speranza, poi, si alimenta con la vita ascetica e apostolica, che ha in Cristo Signore il suo centro e in Lui, vivo in noi, sempre si ritrova la sua sorgente: “ .. fare le parti di Gesù, presente in te, lasciando che Egli faccia tutto quello che vuol fare”. Il segreto della realizzazione in Cristo, quindi, è fare spazio a Dio: è Dio la nostra unica salvezza e sicurezza di riuscita. Si matura nell’apostolato sotto lo sguardo di Dio grazie all’umile apertura a lui. E così che la debolezza della creatura diventa fortezza divina. Nazareth è una maniera di vivere la vita cristiana: “deve arrivare il tempo in cui incontrerà te dovrà dire: Com’è buono Gesù!” (Testo, p.35).

La carità è l’espressione visibile della fede e della speranza. Nel terzo capitolo: “La mediazione umana alla salvezza”, Mons. Gioia raccoglie in quattro sottotitoli il processo di profonda trasformazione della persona umana nella persona divina del Verbo incarnato. Il rapporto con gli altri secondo il progetto di Dio, che è quello di realizzarci da figli suoi adottivi nel Figlio, si deve evolvere nella vera fraternità cristiana: “Gesù sarà contento di te, perché hai aiutato a fare diventare più buona quella creatura alla quale Egli vuol bene” (Testo, p.42). Nei pensieri di Mons. Semeraro si risente l’inno alla carità dell’apostolo Paolo (1 Cor 13). Parla di amore paziente, longanime, misericordioso. L’antropologia cristiana appare evidente attraverso l’ottimismo così diffuso nei sui pensieri scritti alle Oblate. La creatura umana non è da buttare via. Il Signore la insegue sempre con il suo amore. La carità, poi, si traduce in apostolato e diventa così mediazione umana alla salvezza. L’apostolato della carità esige l’ascetica della riforma della vita, il processo della vita nuova che viene condotto dallo Spirito Santo.

Gesù Cristo è il modello unico dell’amore in tutta la sua vita, particolarmente nella sua passione e morte: “Dobbiamo essere contenti di essere deboli e di restare sempre deboli ( …). Come nell’orto degli Ulivi, (Gesù) desidera che stiamo con lui e soffriamo sempre con lui”( … ). Dobbiamo “vivere sempre nella sua presenza per offrirgli sia le attività che svolgiamo, sia i sacrifici e le umiliazioni che incontriamo” (Testo, p.46). Sempre parlando della vita ascetica, Mons. Semeraro punta il dito su uno dei difetti dominanti della vita umana e cristiana, il risentimento. Questo è come un paravento che impedisce di vedere e sentire Gesù che mi parla attraverso l’altro: “La persona di cui il Signore ha scelto di servirsi come strumento del suo amore per te, non è certo un angelo del cielo ma una creatura umana che ha anche i suoi difetti. Tu, però perché ti fermi a guardare la pagliuzza che c’è nell’occhio di quella, anziché badare alla trave che c’è nell’occhio tuo?” (Testo, p.50).

La dialettica tra “Io e gli altri” non si risolve necessariamente sempre con un atto di resa e sottomissione, ma sempre nella logica dell’amore di Dio. E perché non lo si perda di vista è necessario un direttore spirituale (cfr Testo, p.53). Il carisma dell’Istituto delle Oblate di Nazareth si potrebbe così riassumere nello spirito del suo Fondatore: alla base c’è innanzitutto la rinuncia a pensare male ed a criticare, lasciando al Signore il compito di giudicare; poi, l’umiltà del cuore e il lasciarsi condurre da Dio. Su questo fondamento bisogna costruire l’edificio della vita consacrata secondo lo stile di Nazareth attraverso l’esercizio delle virtù: obbedienza reciproca; dono totale di sé al Signore; collaborazione libera nella quotidianità fatta con semplicità, disponibilità, gratuità.

Nel quarto capitolo Mons. Gioia, richiamando le lettere scritte da Mons. Semeraro negli anni 1986-1993, legge in esse la completezza del progetto del carisma delle Oblate di Nazareth. In otto sottotitoli l’autore tratteggia il panorama dell’istituzione religiosa. Parte dalla verità difficile a comprendersi, e cioè dal piano di Dio che rimane a noi imperscrutabile. Non si è mai arrivati nella vita cristiana, ma si è sempre in crescita. In definitiva come scrive Mons. Semeraro: “Non è una nostra santità quella che ci salva, ma il fatto che lascio regnare in me Cristo con la sua santità, e questo “lascio regnare” nel senso che, avendo Egli deciso di venire ad abitare in me peccatore e unendomi a Sé col battesimo ( …), Egli fa dipendere da me, cioè dalla mia accettazione e collaborazione (passiva) il suo sviluppo in me, l’adempimento del suo programma su me e attraverso me” (Testo, p.65).

Si sofferma sulla necessità di aderire al progetto di Dio con intelligenza intendendo però fare la volontà di Dio. La mortificazione cristiana – aiuta a comprendere Mons. Semeraro – è indispensabile per fare la volontà di Dio: “Da molti anni si è radicata in te una forma di fiducia nella tua personale intelligenza e capacità, infarinata di parole del Vangelo, così come le interpreta la tua intelligenza. Avviene così che accetti come vera parola di Dio quella che coincide con le tue idee e le usanze che hai, mentre la testa nostra non è lo strumento di cui si serve il Signore” (Testo, p.69). Per cui egli suggerisce: “Allenati decisamente e amorosamente a considerare volontà di Dio ciò che viene dagli avvenimenti.” (Testo, p.70).

Parla poi della ricerca della volontà di Dio e della precarietà della mediazione umana. Mons. Semeraro indica ai protagonisti che sono coinvolti nell’obbedienza la strada da seguire, quella cioè dell’ascolto della parola di Dio e la perseveranza nel bene che Dio stesso indica. L’obbedienza cristiana sarà così “lo strumento e il prezzo della salvezza delle nostre anime”, nascendo da una conversione profonda a Cristo Signore (Testo, p.75). L’obbedienza, poi, si traduce nell’apostolato, perché questo è il frutto di un mandato ricevuto. L’apostolato e lo spirito missionario, quindi, sono sulla via tracciata da Cristo solo se nascono dall’obbedienza. La crescita del carisma, pertanto, si realizza solo con la preghiera insistente e perseverante. Mons. Semeraro insiste con le sue figliole su questo tema della preghiera. È fiorita dalla preghiera l’apertura missionaria in Brasile e in Africa (Nigeria).

Il tempo e l’eternità sono un tutt’uno nel piano di Dio. Per cui non bisogna mai scoraggiarsi o arrendersi. Mons. Semeraro, perciò, esorta vivamente con la sacra Scrittura: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli” e ricorda l’esortazione di S. Paolo “Rivestitevi, come eletti di Dio, santi e amanti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda perdonarvi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate voi” (Testo, p. 89). E rende credibile la parola di Dio con la sua personale esperienza di vita: “In novanta anni di vita ho sempre più sperimentato che questa è l’unica via che assicuri una pace stabile anche nelle varie vicende di questo mondo” (Testo, p.91).

Mosè aveva centoventi anni, e Mons. Semeraro ne ha novantatré. Egli eleva un grido di speranza che nasce dalla fede e spinge all’ardimento della carità: “Mie care figliole, riflettendo a come si vive nelle nostre comunità, ho avvertito di dovervi scrivere questi fondamentali pensieri, anche se per la fretta si rilevano un po’ troppo generici. Voi accettateli così come sono e chiedete alla Madonna che vi aiuti e vi incoraggi a capirli, ad accettarli ed a metterli in pratica con tutto il vostro generoso impegno” (Testo, p.93).

Oggi Mons. Semeraro ha novantaquattro anni e continua con la sua presenza di testimone di Gesù Cristo sofferente ad illuminare ed incoraggiare le sue figliole a perseguire irresistibilmente l’ideale della vita cristiana attraverso la consacrazione religiosa nella specificazione del clima di Nazareth, la santa Casa, modello della Chiesa e della vita consacrata nella Chiesa.

Mons. Gioia con la sua pregevole pubblicazione ha reso possibile innanzitutto alle Oblate di Nazareth, e a tutti i lettori, di scoprire meglio il carisma della Congregazione fiorita dalla fede, speranza e carità di Mons. Alberico Semeraro, Pastore emerito della Chiesa di Oria. Chi presenta questo Volume ha gustato queste pagine in maniera singolare perché ha avuto la grazia di maturare la sua vocazione alla scuola di S.E.M. Alberico Semeraro e di conoscere le Oblate di Nazareth fin dall’inizio della fondazione dell’Istituto.

Nei miei occhi e nel mio cuore di fanciullo sono racchiusi tanti ricordi: possa il seme di Nazareth essere accolto da numerose anime generose, perché fruttifichi sempre più nella Chiesa e nel mondo, grazie al carisma della Congregazione delle Oblate, che a Nazareth si ispirano secondo gli insegnamenti del loro venerato Fondatore. Con questo auspicio lascio al lettore o lettrice la gioia di gustare la lettura meditativa della preziosa pubblicazione di Mons. Francesco Gioia.

Cerignola, 26 Gennaio 1997,

festa onomastica di Mons. Alberico Semeraro

sesto anniversario della mia ordinazione episcopale

+ Giovan Battista Pichierri

Vescovo di Cerignola – Ascoli Satriano

Prefazione

 “Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?”. È questa la difficoltà di Natanaele a credere l’affermazione di Filippo: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i Profeti, Gesù, il figlio di Giuseppe di Nazareth” (Gv 1,45-46).

Natanaele non aveva ancora compreso che Dio si rivela nell’umile quotidianità. Nel grigiore e nel silenzio di una città senza importanza Gesù, sottomesso a Maria e a Giuseppe, “crebbe in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Le 2,51). La sua umile origine sarà motivo di sconcertante sorpresa per i suoi contemporanei. Dicevano: “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre?”. E l’Evangelista annota: “E si scandalizzavano di Lui” (Mc 6, 3; Gv 6, 42).

Nazareth è anche il richiamo alla comunione con Dio, di cui la Sacra Famiglia è l’esempio più alto: qui la presenza di Dio tra gli uomini si realizzò nella maniera più perfetta.

Nazareth diventa il luogo del cuore, la condizione esistenziale per Oblate di Nazareth. L’umile quotidianità, vivificata dalla comunione con Dio e vissuta in un clima di famiglia, è il carisma specifico di questo Istituto religioso, fondato da S.E. Mons. Alberico Semeraro.

Il Fondatore esprime le sue intenzioni con lucidità cristallina nelle lettere, indirizzate alle sue figlie.

La presente monografia è il primo tentativo di ricostruire la fisionomia spirituale di questo Istituto attraverso i “frammenti dell’anima” del suo Fondatore, sparsi nella sua corrispondenza, per un lungo periodo quasi quotidiana.

Roma, 8 dicembre 1996

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Le Oblate di Nazareth – Ecce Fiat http://fammarinelli.synology.me/oblate/le-oblate-di-nazareth-ecce-fiat/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/le-oblate-di-nazareth-ecce-fiat/#comments Sat, 25 Jul 2015 15:49:23 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=14396 Le Oblate di Nazareth – Ecce Fiat

A cura di Dora Ciotta

Del Gallo Editore – Spoleto 2001

Introduzione di Mons. Marcello Semeraro

“Scrivi: Beati i morti che muoiono nel Signore … riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono”. Questa espressione del libro dell’Apocalisse (14, 13) torna alla mente avendo fra le mani queste pagine, che le Obiate di Nazareth hanno voluto preparare con tanto amore, nel primo anniversario della morte del loro venerato Fondatore, il vescovo Alberico Semeraro. Sicché è solo nella visione umana delle cose che le persone, con la morte, si distaccano dalle loro opere. In realtà, le buone opere ci “seguono” e ci accompagnano pure nella morte, motivo di meritata mercede ed anche occasione d’intercessione dinanzi a Dio.

L’unione tra l’Istituto delle Obiate di Nazareth con il suo Fondatore, allora, non è solo materialmente legata alla successione di queste belle pagine commemorative e illustrative, e neppure semplicemente stabilita da un vincolo giuridico e storico. Essa, piuttosto, è in un ordine tutto soprannaturale, nel quale i rapporti di amore e di carità stabiliti sulla terra non sono interrotti, ma trasformati. Come si recita nella preghiera liturgica. Mutatur, non tollitur.

Ogni opera, poi, porta sempre impresso il segno di chi l’ha prodotta.  Ed è così anche per questa fondazione  religiosa, concepita nella preghiera e progettata da Mons. Alberico dinanzi all’immagine della Madonna della Fiducia, ancora oggi conservata nella Cappella dell’episcopio di Oria. Sicché l’Istituto delle Obiate reca in sé il sigillo mariano e lo esprime con quelle due espressioni dell’Ecce e del Fiat, che ne sono come l’emblema. La prima indica disponibilità totale alla volontà di Dio, la seconda segnala la volontà di fare sì che ogni azione ed ogni scelta sia sempre plasmata da questa santa volontà, nella quale ogni uomo trova pace. In queste due brevi parole mariane è possibile ravvedere -abbreviato- il “carisma” dell’Istituto, unitamente a quel nome di Nazareth che, come disse Paolo VI, è “scuola del Vangelo” ove s’insegna il silenzio, l’interiorità, la preghiera  e l ‘operosità.

Nazareth è l’anticipo dell’ora et labora, così come può esserne emblema anche il nome di Betania. Anch’esso, difatti, unisce, nella storia evangelica, contemplazione ed azione. Lo ricordava più volte alla sue Oblate il vescovo Mons. Alberico. Sono questi i valori che egli continua a ricordare alle sue carissime religiose. Ma sono valori -lo sappiamo- che valgono per tutti noi e per ciascuno. Si tratta, anzi, di priorità che il Santo Padre ha richiamato nella lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, soprattutto laddove domanda di collocare tutta l‘azione ecclesiale nella prospettiva della santità e di sviluppare un’intensa preghiera che, tuttavia, non distoglie dall’impegno della storia, poiché chi apre il cuore a Dio lo apre anche all’amore dei fratelli ed è così che si costruisce la storia secondo il disegno di Dio.

Questa pubblicazione intende, con semplicità, essere un rinnovato gesto di gratitudine e un attestato pubblico che il seme gettato da Mons. Alberico continua a crescere come pianta che mette nuove foglie e allarga i suoi rami. Siano, dunque, rese grazie a Dio e da Lui -Padre, Figlio e Spirito Santo- anch’io invoco per la cara famiglia delle Oblate di Nazareth conforto, benedizione e pace.

Premessa di Dora Ciotta

prima presidente diocesana della G.F. di Azione Cattolica nominata dal Fondatore, allora Vescovo di Oria, attuale animatrice dell’associazione culturale Famiglia Aperta

A un anno di distanza dalla morte di Mons. Alberico Semeraro, vescovo emerito della diocesi di Oria, esce questo opuscolo che vuole presentare il cammino realizzato dall’opera religiosa alla quale Egli ha dedicato tanta parte del suo impegno di pastore e del suo cuore di sacerdote: l’Istituto delle Oblate di Nazareth.
L’obiettivo è quello di far sempre meglio conoscere, una presenza di fede che lievita in silenzio in una parte relativamente piccola di Chiesa e di umanità, e di meglio aprire alla comprensione e alla partecipazione del carisma di Nazareth, che ancora molti cristiani, religiosi e laici, hanno bisogno di riscoprire come carisma di autentica comunità di persone.
Questo opuscolo, uscendo dopo quello del 1993, non può non tenere conto perciò della più matura consapevolezza del carisma, a volte lucida e a volte inavvertita, che l’esperienza della vita quotidiana immersa nella contemplazione della S. Famiglia di Nazareth, ha comportato e comporta tra le stesse Oblate.
Nella prima parte, pertanto, è affidata alla parola scritta del Fondatore, illuminata dalle immagini fiammanti di colore e di semplicità dell’arte africana contemporanea, la descrizione del nuovo progetto di vita e dello speciale orizzonte di senso al quale sono chiamate le Oblate di Nazareth. Nella seconda parte invece è trasmessa dalle immagini della vita concreta nelle diverse Case e nei luoghi diversi di formazione, la visione, meglio l’intuizione, di una convivenza che vuole oltrepassare i canoni di una vita religiosa fredda e distaccata, per un’esperienza di accoglienza profondamente umana offerta a tutti.
Per questo vengono riportati, alcune delle risposte delle Oblate ai questionari in preparazione al Capitolo generale del dicembre 2000. Mi pare infatti che sappiano esprimere, con la semplicità del cuore e l’energia della volontà, lo spirito che circola nelle varie Comunità dell’Istituto. Non c’è da stupirsi. Ora che la vita terrena, così operosa e intraprendente del Fondatore, gettata proprio come un seme, senza risparmio e senza pusillanimità, nel campo aperto della diocesi di Oria, si è conclusa serenamente nella casa ospitale delle Oblate: “Madre della Divina Provvidenza” a Francavilla Fontana, per a promessa di Gesù, quel seme dinamico trova nuova energia di germinazione per la vita della Chiesa e del mondo, attraverso il contributo di “piccole Oblate di Nazareth”, come le chiamava Lui.
Ha detto Gesù: “Se il seme caduto in terra muore, porta molto frutto”. (Gv. 12,24)
A quanti leggeranno questo piccolo libro, pertanto, auguriamo di saper raccogliere nella propria vita e comunicare a quanti camminano accanto, oppure sono fermi sulle strade aride e violente del mondo di oggi, l ‘invito a rinnovare nel nome di Nazareth, la propria speranza e il proprio amore.

Comunicazioni di Suor Filomena Gallo

Superiora Generale delle Oblate di Nazareth

Benediciamo il Signore.

Ora e sempre!

Villa Betania, 24 maggio 2001

Sorelle mie carissime,

nel primo anniversario della morte del nostro Fondatore, S.E. mons. Alberico Semeraro, mi è caro farvi giungere, con questo piccolo libro sul nostro Istituto, le foto della sua tomba a Villa Betania e spiegarvi le ragioni che ci hanno indotte a prendere questa decisione.

Dal 26 maggio 2000, infatti, le spoglie del nostro venerato Fondatore riposano proprio nella cripta sotto la Cappella di Villa Betania, in Lanzo di Martina Franca (Taranto).

In questo si è eseguita una sua esplicita volontà, maturata in lui da esperienze di vita che lo hanno guidato a tale scelta. Insieme al Consiglio e con il benestare delle competenti autorità religiose e civili, abbiamo anche noi aderito a questa sua decisione, sia per  il suo attaccamento sempre dimostrato per Villa Betania, già casa di residenza estiva della sua famiglia, sia per l ‘incalcolabile vantaggio spirituale che questa nuova sua  “presenza” porta  all’intero Istituto.

Tutte le sere infatti, dopo le preghiere, scendiamo in cripta per ricevere la benedizione, come ci riunivamo attorno a lui alle ore 21, quando era in vita, per chiedere lo stesso dono prezioso per ogni Oblata vicina e lontana e per un grande numero di amici. Al centro della cripta abbiamo posto l’altare di legno, da lui tante volte usato a Taranto e a Oria, quando celebrava in privato e, in due piccole vetrine, le sue insegne vescovili e i suoi oggetti più cari, l’orologio, gli occhiali, la corona del S. Rosario, il bastone, il quadretto della sua Comunione, la piccola statua del S. Cuore di Gesù, che, per circa 30 anni, è stata sul suo tavolo di lavoro, ecc.

Sulla parete sinistra le fotografie dell’intera famiglia Semeraro richiamano il passato, che non si conclude con la morte, ma mira alla meta della Resurrezione, già realtà perfetta in Cristo e nella Vergine Maria.

In fondo, il quadro della Madonna della Fiducia, la sua Madonna, con la scritta “Dal primo all’ultimo giorno – Madre mia, Fiducia mia”.

Sopra il sarcofago c’è l’Evangelario, dono del Papa Paolo VI, e, a fianco, un mazzo di rose rosse, ornamento affettuoso e filiale, con la strisciolina segnata dal nome di ciascuna Oblata di Nazareth. Lo stemma episcopale con il motto “Spes messis in semine” è al centro del sarcofago sovrastato dalla scritta “il Padre” che è messaggio di speranza per un futuro con nuovi germogli, offerti al crescere del Regno in ogni continente, nel servizio apostolico e missionario .

Avere la tomba del Fondatore a “Villa Betania”, casa di preghiera e di riposo per le Oblate anziane o stanche, è gioia e conforto, non solo per noi, ma per quanti, sacerdoti, suore o laici in cerca di ristoro e di pace, vengono a trovarci.

Per tutti Villa Betania vuole essere un approdo colmo del senso umano e religioso della accoglienza, valore che il Fondatore non si è stancato mai di additarci.

Nella fiduciosa speranza che tutte, vicine e lontane passerete da questa cripta, vi saluto con un affettuoso arrivederci.

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Il progetto formativo http://fammarinelli.synology.me/oblate/il-progetto-formativo/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/il-progetto-formativo/#comments Sat, 25 Jul 2015 12:17:17 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=14337 Il progetto formativo delle Oblate ha per obiettivo: “donne preparate un po’ in tutto”, ma soprattutto “donne di fede”, “donne per la Chiesa”.

Si svolge come studio: preparazione all’insegnamento scolastico per i bambini, scuola guida (a turni), scuola di taglio e cucito, culinaria, chitarra, armonium (a turni), dattilografia, computer (per qualcuna), ma soprattutto come partecipazione diretta e prolungata al Corso intercongregazionale regionale dell’USMI a Bari (S. Scrittura, Morale, ecc.), oltre che come esperienza riflessiva della liturgia, delle Costituzioni, ecc.

Il Fondatore lo precisa solennemente: “Lo scopo della vostra formazione è quello di farvi diventare più ricche di grazia, di vita interiore, di unione al Signore, attraverso una cultura più approfondita di tutto ciò che è Parola di Dio” (Cost. 3).

Un progetto formativo ben alto, una sintesi unificante ben esigente, che coinvolge radicalmente non solo le giovani, ma tutte e singole le Oblate e l’Istituto, perché sappiano ogni giorno ripetere il loro sì alla Volontà del Signore, che è sempre obbedienza a Cristo nella Chiesa.

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L’ora dell’India http://fammarinelli.synology.me/oblate/lora-dellindia/ http://fammarinelli.synology.me/oblate/lora-dellindia/#comments Sat, 25 Jul 2015 12:14:56 +0000 http://www.oblatedinazareth.com/?p=14335 Ranchi

La presenza di diverse Oblate Indiane ha determinato l’apertura di una Casa nella città di Ranchi, zona Bariatu (nello stato di Jharkhand, a circa 90 km da Nova Delhi) ove è arcivescovo il Card. Telesphore Toppo che già aspettava le Oblate nella sua diocesi. La Casa, aperta il 7 ottobre 2003 e intitolata a “Maria di Nazareth”, funge da sede parrocchiale e le Oblate svolgono le varie attività pastorali e dirigono la loro scuola materna.

Dal 10 maggio 2005 l’arcivescovo ha affidato loro anche la direzione del Centro Sociale di spiritualità della Diocesi.

Lalpur

Domenica 28 dicembre 2008 S. Em.za il Cardinale Telesphoro Toppo, Arcivescovo di Ranchi, ha benedetto, alla presenza delle suore e dei tanti amici, la nuova Casa delle Oblate a Lalpur, intitolata a “Sant’Alberico”, che servirà a stabilire un contatto diretto con la popolazione di Ranchi e ad offrire il contributo dell’Istituto per la formazione religiosa delle Oblate di Nazareth.

Con decreto della Generale del 10 marzo 2009, la nuova casa di Lalpur è stata eretta come sede del Noviziato.

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